Interviste

Agricoltura, Incontro con Massimo Crugnola

Massimo Crugnola: Azienda Broggini di Calcinate del Pesce

Compito dell’agricoltura biologica è favorire la difesa biologica delle piante e mantenere la fertilità del suolo attraverso buone pratiche agricole. La sostanza organica si lega con l’argilla e la fertilità diventa stabile. In agricoltura biologica non si tratta solo di “non utilizzo della chimica di sintesi”, ma di un sistema agronomico complesso in cui la rotazione delle coltivazioni è determinante, come determinante è un basso apporto idrico per favorire un apparato radicale che vada in profondità. La ridotta dimensione dei campi inoltre e la presenza di siepi, boschetti, stagni, fornisce la possibilità ai predatori di avere un ricovero e di dare una mano nel controllo dei parassiti, delle patologie.

L’azienda Broggini di Calcinate del Pesce nasce alla metà degli anni 80, quattro ettari di orto. Oggi in provincia di Varese c’è una comunità di giovani contadini e una passione rinnovata: non agricoltori per forza ma per scelta. l’affitto agrario può essere un’opportunità per giovani agricoltori senza capitale.

L’azienda Broggini si costituisce con questo bagaglio:

  • la memoria degli zii contadini: buon senso, rotazioni;
  • due testi di agronomia classica;
  • la fondamentale relazione con gli altri agricoltori.


Molto importante la relazione con gli agricoltori anche se spesso metteva in luce il cortocircuito tra modello di agricoltura convenzionale e buone pratiche. La memoria delle buone pratiche è stata cancellata dalla chimica in agricoltura.

Anche in provincia di Varese  la monocultura era una pratica esclusiva, mais per 30 anni sullo stesso campo, con impoverimento del terreno, patologie e infestanti che si affrancano e diventano resistenti (il diserbante chimico non è più sufficiente).

La sostanza organica, il letame considerato uno scarto, maltrattato, con grande quantità di azoto perse che diventano causa di inquinamento di corsi d’acqua. Le lavorazioni del terreno sono sempre più aggressive, le arature più profonde lo strato fertile, che è superficiale, portato in profondità. I campi dopo la trinciatura di agosto rimangono scoperti fino alla semina del maggio successivo ciò significa che le precipitazioni atmosferiche provocano dilavamento, ruscellamento e l’azoto va a finire nei corsi d’acqua.

Lavorazioni troppo aggressive, terreni scoperti, mancanza di sostanza organica, sono le cause del “compattamento dei suoli” che si presenta come una criticità ambientale di primo ordine.

Alla fine degli anni 80 con qualche centinaia di agricoltori in Italia la scelta dell’agricoltura biologica. Questi agricoltori si fanno carico di sperimentare ed elaborare un modello agronomico, oggi codificato, in grado attraverso l’agricoltura biologica di garantire qualità ambientale, occupazione e reddito.

L’agricoltura per 10.000 anni ha rappresentato il paradigma dell’economia circolare e improvvisamente è diventata una causa importante di inquinamento.

Storicamente foraggere, seminativi alimento per gli animali, cibo per gli uomini, il letame utilizzato per la fertilità dei campi. Non c’è scarto.

Il modello dell’agricoltura industriale prevede la parcellizzazione, l’azienda agricola viene separata, grandi aziende cerealicole senza animali, grandi concentrazioni di animali con poca terra.

Grandi aziende di seminativi senza animali dove la mancanza di sostanza organica porta a progressiva desertificazione e compattamento del suolo.

Grandi aziende con eccessiva concentrazione di animali dove la sostanza organica viene scaricata in terreni circoscritti provocando inquinamento da azoto e eutrofizzazione dei corsi d’acqua.

Una buona pratica prevede il mantenimento della fertilità con l’apporto della giusta sostanza organica, la semina di leguminose in copertura, leguminose che fissano l’azoto atmosferico portando ulteriore fertilità nel terreno. Prevede altresì la copertura invernale dei terreni (cover crops) con la semina di erbai che impediscano altresì i compattamento del suolo, il ruscellamento e la perdita di azoto

Questa pratica è riconosciuta come necessaria dalla Commissione Europea che l’ha inserita nella propria Politica Agricola, che riconosce nell’agricoltura biologica il modello di agricoltura possibile.

Dal 1996 in Europa e in Italia l’agricoltura biologica comincia ad essere individuata come necessaria, si riconosce un premio agli agricoltori biologici pari a circa 300 € a ettaro come integrazione della presunta minor produttività.

Il limite che riconosciamo a questa misura è che il premio è legato esclusivamente, ancora oggi, alla superficie  e non all’occupazione. Questa modalità ha favorito le grandi aziende, i grandi proprietari di terreno che sono stati i primi ad usufruire di tali sostegni. Servirà trovare un parametro legato anche all’occupazione per premiare le piccole e medie aziende agricole biologiche che fanno largo uso di manodopera e producono la diversificazione.

In previsione della nuova Politica Agricola Europea 2021/2027, si ipotizza il raggiungimento del 30% della S.A.U. (superficie agricola utile) coltivato con i metodo dell’agricoltura biologica e sarebbe un grande risultato.

Massimo Crugnola risponde a due domande

Quali sono gli svantaggi legati alle monocolture?

Abbassamento della biodiversità che costa in termini economici e della salute. I parassiti e gli infestanti si specializzano e diventano resistenti

Cosa si aspetta l’agricoltura biologica da una amministrazione?

Una moratoria sul consumo di suolo; un censimento delle proprietà pubbliche e delle aree dismesse per portarle a coltura con creazione di nuove aziende agricole di giovani sotto i 30 anni. Una indagine sulle aree boscate del territorio, una formazione per gli agricoltori per integrare il reddito con lavori ambientali, piste, sentieri; coinvolgere in questo un gran numero di popolazione, giovani e anziani che rappresentano la memoria storica; affidare questi interventi ad aziende locali. Non c’è produzione agricola che garantisca reddito perché i prezzi dei prodotti agricoli non sono legati alla manodopera ma alla speculazione. La vendita diretta è l’unica occasione per avere un reddito dall’agricoltura. Occorre incentivarla; creare un percorso formativo per il miglioramento della qualità dei piccoli produttori.

Alessio Fornasetti: Azienda vitivinicola Torre San Quirico di Azzate​

Le radici della vite hanno una vita propria e, se il terreno è appropriato, non necessitano di fertilizzanti. Resta quindi fondamentale la qualità della manutenzione del sottofilare. Fatta questa premessa, la cura ordinaria della mia viticoltura è posta soprattutto sulla parte aerea della pianta: la chioma. Un eventuale progetto di viticoltura biologica nella nostra zona condizionerebbe a priori la scelta varietale e, nella manutenzione, necessiterebbe di quantità enormi di rame e zolfo per contrastare peronospora ed oidio, con effetti di inquinamento del suolo e della falda molto pesanti e persistenti. 

 Prima della filossera, introdotta dal Nordamerica verso la metà dell’ottocento, l’agricoltore considerava la vigna ai fini del completamento dell’economia familiare. Il catasto teresiano vedeva nella nostra provincia 2.500 ettari a vigna; laddove la coltivazione è scomparsa rimangono i toponimi che rimandano alla precedente destinazione: via della vigna, della vignetta… L’azienda Torre San Quirico riattiva un antico vigneto censito nel catasto di Maria Teresa alla fine degli anni novanta: un ettaro e mezzo di antico vigneto che produce uva di elevato livello qualitativo e vino eccellente per competere sul mercato.

Il potenziale di un rilancio della Viticoltura in Provincia di Varese è da prendere in seria considerazione, anche da parte delle istituzioni amministrative e delle aziende agricole.

Chi da due o tre generazioni è sul mercato, ha già ammortizzato gli investimenti, e questo rappresenta un problema per le start-up giovani, che devono essere aiutate negli investimenti e nello sviluppo. Ricevo molte richieste di giovani interessati alla viticoltura, ma ho difficoltà ad aiutarli. Nel 2015 l’azienda ha provveduto a un ulteriore allargamento dell’impianto fino a 3 ettari. Oggi, in provincia di Varese, ci sono solo 20 ettari coltivati a vite, che non corrispondono nemmeno alla dimensione di una media azienda vitivinicola. Ho trovato interessante l’incontro di stasera che mi ha permesso di conoscere un’azienda agricola quasi confinante; conoscevo fino ad oggi le aziende vitivinicole attive nella nostra Provincia e l’azienda agricola di Alessandro Turco di Sesto Calende. C’è ovviamente l’assoluta mancanza di reti informative e di conoscenza oltre che di scambi.

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