Home » Documenti e Iniziative » L’Olmo del Parcheggio 1o Maggio, Incontro con Daniele Zanzi, Agronomo
Daverio Cresce - Incontri Formativi - 13-01-2021
Daniele Zanzi, agronomo di fama internazionale, ha ricevuto un riconoscimento dalla Regina di Inghilterra, titolare di una società che si occupa della cura di alberi monumentali e giardini storici; durante la mia amministrazione a Daverio tra il 2006 e il 2016, è stato incaricato di consulenze per determinare lo stato di salute di alcune piante; in particolare aveva dato indicazioni su come proteggere l’olmo del parcheggio, radicato su sterrato che doveva essere asfaltato, e su come realizzare le aiuole attorno al parcheggio stesso con le varie essenze presenti oggi.
Il sindaco in un suo comunicato alla Prealpina dice che l’olmo manca di vitalità ed è propenso al cedimento e che questa criticità irreversibile, così si esprime, è stata accelerata dalla realizzazione della copertura in asfalto. Teniamo presente che anche prima dell’asfaltatura tutta l’area attorno all’olmo era parcheggio che serviva, come serve anche oggi, soprattutto il circolo e il bocciodromo, con auto parcheggiate anche a ridosso dell’olmo. A seguito di una telefonata fatta al sindaco nel corso della quale esprimeva le proprie perplessità sulla prevista rimozione, Zanzi è stato convocato per un sopralluogo sotto l’olmo, il 7 gennaio, alla presenza, oltre al sindaco, di membri della giunta, dell’agronomo Pasi che ha realizzato l’indagine per il comune, della responsabile dell’Ufficio Tecnico e del comandante di Polizia Locale.
Molte volte per le piante è preferibile una situazione magari più difficile, ma stabile quale può essere l’asfalto, che la terra battuta, perché la terra battuta è un continuo alternarsi di ossigeno e meno ossigeno, in base al costipamento che tu hai su un terreno; se un giorno insistono dieci persone, un altro una e poi viene fatta una festa con mille persone, il terreno si costipa, la pianta non capisce cosa succede;
se tu invece hai un materiale che è costante nel tempo anche magari con meno scambi gassosi, ma sotto l’asfalto gli scambi gassosi ci sono perché voi vedete che in tutte le situazioni in Italia, e non dico che faccia bene, che sia una situazione ideale, ma molte piante sono asfaltate da decenni fino al colletto, guarda viale Aguggiari a Varese, per dire, le piante poi si abituano a questa condizione, che è di poco ossigeno ma stabile. Quello che disturba una pianta sono le continue variazioni per quello che può succedere.
Ho scritto il 23 gennaio 2015 nella mia relazione: “durante il sopralluogo ho preso visione del secolare esemplare di olmo radicato nel costruendo parcheggio comunale, in fase di lavori edili sarà necessario mettere in atto provvedimenti per evitare costipamenti e ferite al tronco e rami, l’esemplare presenta numerosi difetti in quota” già allora “quali rami secchi, spezzati o con inserzione debole, si consiglia di effettuare razionali lavori di cura con rimonda del seccume, asportazione di rami mal inseriti e il consolidamento con cavi della chioma su branchie a rischio di rottura” e questo fu fatto; quindi alla data del 23 gennaio 2015, quella pianta, come tutte le piante vetuste aveva già i suoi problemi. Questo poi non significa nulla, nel senso che la pianta vecchia ha dei problemi, si tratta di andare a cercare se ci sono ancora degli spazi di sicurezza.
C’è un aspetto che mi ha lasciato perplesso, l’ho già ribadito a quella commissione dove io mi sono presentato con spirito molto costruttivo e per esporre quello che pensavo anche nell’interesse, credo, della giunta medesima oltre che di tutti i cittadini anche non daveriesi, perché gli alberi sono un bene paesaggistico fruibile da tutti. Ho evidenziato che la perizia del dott. Pasi sull’olmo, unico esemplare di quelli valutati nella relazione in cui si impiega come strumento diagnostico la tomografia (per i non addetti ai lavori la tomografia è una specie di TAC), non è così drammatica. Cos’è una tomografia?: sinteticamente, si inviano delle onde, in questo caso non ultrasoniche, ma soniche in 10, 12 punti; ogni punto sul tronco riceve l’impulso sonoro, calcolando la distanza e il tempo che ci impiega ad attraversare il legno che può essere degradato o meno, si ha un grafico, un disegno che mi illustra se dentro ci sono delle cavità, come ci sono anche in molte piante che hanno una certa età, torno a ripetere, in quel punto dove vengono messi i sensori, che sono tutti su uno stesso piano, quindi è una fetta di pianta, non è l’intera pianta che viene radiografata.
A parte questo, si dice che c’è evidenza di una cavità, che interessa il 28% della sezione. Ora pigliando anche come riferimento i più datati standard di sicurezza e protocolli, dove si riporta che una pianta è da rimuovere quando il rapporto del raggio sulla parete ancora sana è dello 0,3; per farla breve quando io ho una cavità che è del 70% e ho 30% di legno alterato io dovrei rimuovere la pianta. Ammesso e non concesso che la pianta sia un ponte o un manufatto, cosa che non è, perché voi sapete benissimo che ci sono delle piante, la natura non risponde a queste leggi così fisse, ma ci sono delle piante, le sequoie ad esempio dove ci passa in mezzo una strada; oggi, aumentando le casistiche, il rapporto a 0,3 si è abbassato per certe specie tipo il platano o il tiglio per cui abbiamo lo 0,03, cioè anziché il 30% è sufficiente il 3% di legno ancora sano per dare stabilità.
Ammesso e non concesso che sia questo, l’analisi che l’agronomo fa parla di un valore del 28% di legno alterato, quindi con ancora ampi fattori di sicurezza. Quindi dall’esame strumentale se ne deduce che l’abbattimento previsto non può essere imputato a carenza di fattori interni statici di sicurezza. Si passa dunque ad un’altra affermazione: l’albero è da rimuovere non in quanto instabile e passibile di ribaltamento o rottura al colletto, ma perché ha problemi biologici che lo condurranno a morte; si suppone che il basso vigore sia imputabile a danni radicali patiti durante i lavori di formazione del parcheggio. Ora se si sospettano danni alle radici, che hanno anche funzioni meccaniche con ripercussione ovviamente sulla fisiologia dell’albero, bisogna sapere – e il dr. Pasi cui certo non mancano le conoscenze certo ne è a conoscenza – che esistono prove scientifiche in grado di determinare il grado di tenuta degli apparati radicali, le cosiddette prove di trazione.
Il mio quesito è stato questo: abbiamo a che fare con una pianta monumentale (a parte che l’UT ha detto che ha cercato di inserirla nell’albo monumentale, non è stata accettata, dopo si è chiarito che non hanno ricevuto risposta. Tutte queste domande, come altre sugli alberi monumentali, passano attraverso un ufficio centrale a Roma che non riesce ad evadere in tempo reale le domande, quindi sono là ingolfati e non hanno dato risposta) però l’olmo è una specie che va scomparendo perché c’è stata quella pandemia di cancro (grafiosi) dell’olmo comparsa nel 1920 che ha distrutto quasi tutti gli olmi tanto che oggi ce ne sono pochissimi; e poi è una pianta ben conformata, olmo ormai rarità botanica, dico va bene dici che sospetti un danno radicale, che fai, metti in atto le prove di trazione che ti danno esattamente la capacità di tenuta dell’apparato radicale, ovverosia si applicano dei carichi crescenti alla chioma, delle funi che vengono collegate a un paranco che applica degli sforzi crescenti e chiaramente tirando una pianta l’apparato radicale oscilla, ci sono degli strumenti molto precisi che sono gli inclinometri in grado di registrare nella precisione dell’angolo di uno a un millesimo, molto precisi, e mi misurano quanto l’apparato radicale si muove. Detto questo, si simula quindi una forza che è equivalente a un vento di 40 km orari, non di più sennò si farebbero dei danni che potrebbero essere irreversibili sulla pianta e poi, con dei programmi computerizzati che mettono in paragone le curve di sollecitazione con una casistica di oltre quarantamila piante, (come in medicina dove le casistiche e i protocolli vengono definiti in base ai successi di certe manualità o delle operazioni che vengono fatte, questo fa la bontà di un protocollo), si ricava la curva di ribaltamento fino a un vento di 180 km orari. Cioè la pianta può resistere a 40, 60, 100, 110, 120 km orari con quell’apparato radicale, punto e basta. Io ho chiesto perché non è stata fatta questa esaustiva indagine; è stato risposto che il Comune non ha neanche i quattrini per tagliare l’erba; io ho detto che la pianta in fondo meritava questi approfondimenti. Avendo un patrimonio così non si può lasciarlo nelle mani di chi ha sensazioni, ipotesi, avendo degli strumenti a disposizione. L’ho detto anche agli amministratori, sono a contatto tutti i giorni con queste problematiche, oggi ero al telefono con dei movimenti di Pescara che mi chiedevano aiuto.
Mi hanno chiesto quanto può costare una prova di questo genere, io ho detto per una prova di questo genere vanno dai 600 a 1200 euro; ma se voi avete dei problemi di bilancio, guardate che io vengo qua e ve la faccio anche a titolo non oneroso, perché la pianta merita, mi piangerebbe il cuore, io la faccio anche in presenza del collega Pasi, sotto la sua direzione tecnica se lui vuole, in modo che verifica che tutto è fatto a regola d’arte, sono in attesa di una risposta.
Non voglio entrare assolutamente in questioni politiche; con Alberto ci conosciamo da tempo, sinceramente non è nel mio Dna far delle cose per scopi elettorali, io sono stato chiamato da Alberto Tognola che conosco da un po’ di anni, come tecnico esprimo un parere tecnico. Ho suggerito di fare, per i problemi biologici, degli interventi di manutenzione e mi è stato risposto che ogni mese bisognerebbe intervenire sulla pianta; ma non è vero, l’ultimo intervento è stato fatto del febbraio 2015 e l’altro intervento è stato fatto esattamente sei mesi fa, quindi diciamo ogni 5 anni, io penso che una mezza giornata, una giornata di lavoro una pianta del genere in un Comune come Daverio la meriti bene prima di essere abbattuta; certo che se si lascia così, si lasciano su i rami secchi (e questa pianta tra parentesi resiste alle grosse nevicate ma è stata trattata come una pianta pericolosa che poteva cadere da un momento all’altro, tant’è vero che è stata transennata per un rametto che chi ha visto le due nevicate del 4 e del 28 dicembre, chi ha un albero in casa, sa che di rametti ne sono caduti da piante che nessuno si sognerebbe di rimuovere). Di fatto con una buona manutenzione e con delle analisi se si sospetta questo, io penso che si possa dare a questa pianta almeno una possibilità in più. Io volevo informarvi perché Alberto me l’ha chiesto.
No, non esiste un ente. La medicina ha una storia che va avanti da millenni dove c’è un’etica, una deontologia. L’agronomia è una scienza relativamente recente; ma in ogni caso anche gli enti che potrebbero dire qualcosa, di fronte alla domanda: ma la responsabilità se la prende lei? La risposta è: noi abbiamo una perizia che dice questo, basta, siamo a posto, e sotto un certo punto di vista capisco, ma non approvo un amministratore. Ho chiesto l’incontro per spiegare che la diagnosi di abbattimento della pianta è basata su un’ipotesi, non su un dato strumentale. Io dico: tu vai da un medico, fai l’elettrocardiogramma, la diagnosi si basa su quello che il medico legge nell’elettrocardiogramma; ti esce un elettrocardiogramma con margini di sicurezza e sicuramente non nefasto, poi dici, no, io sospetto che tu possa avere un tumore…siamo a quei livelli, però non c’è peggior sordo di chi non vuole ascoltare. Sono stato interpellato da un cittadino, preoccupato giustamente come tutti i cittadini che sono presenti sul territorio da quanto stava accadendo, ho letto la documentazione, non mi interessava neanche il nome di chi l’ha scritta, datemi delle spiegazioni, sono qua per discutere anche nel vostro interesse.
Sul fatto della scomparsa totale degli olmi, occorre dire che il patogeno non porta mai all’estinzione della specie, perché se sono molto specifici com’è la graphium ulmi, la grafiosi dell’olmo sanno che portando all’estinzione di quella specie scomparirebbero anche loro, in natura non c’è niente di stupido.
Sono rimasto che il sindaco mi avrebbe fatto sapere qualcosa prima di avviare una fase operativa.
Sulla questione della percentuale di legno sano che supera il 30%- anzi è il 72% -, nel corso del sopralluogo l’agronomo incaricato dal Comune non ha detto nulla. L’esperienza diagnostica, per la medicina moderna, è nata da quando si fanno le dissezioni dei cadaveri, così anche l’arboricoltura è basata sulle casistiche di caduta delle piante, perché è impensabile andare a sezionare una pianta viva, si fa sulle piante morte, perché non puoi sezionare una pianta viva; indagando le casistiche, per quanto riguarda il livello di sicurezza, si è arrivato a un dato molto grossolano; mano a mano che andavano avanti le casistiche ci si è resi conto che era un dato esagerato, un dato cautelativo oltre misura e si è abbassata la soglia. Oggi si tengono in piedi delle piante che hanno un rapporto di 0,03. La natura non è un pezzo di ferro o un ponte o la torre Eiffel, la natura risponde, esistono le curve gaussiane, in natura 2 + 2 non fa mai quattro, può fare 3 e 99 o 4 e zero 5. È un errore ridurre la natura a un rapporto matematico, perché la pianta risponde a degli stimoli. Questa pianta, a un occhio esperto, rivela che al suo interno c’è una cavità, perché la pianta, a differenza dell’animale che mette una cellula nello stesso luogo spaziale di quella morta e cicatrizza sul punto lesionato, una pianta compensa la perdita di legno con delle specie di cordoni di legno molto più solido nelle parti esterne, che sono ben visibili sull’olmo, perché la pianta cresce ogni anno anche esternamente. Questi accrescimenti denunciano che c’è qualcosa che non va, una cavità interna, ma allo stesso tempo una reazione formidabile della pianta e quindi è un buon segnale, significa che la pianta è vitale mettendo in atto questi meccanismi compensativi, questo deve essere valutato da chi fa questa professione.
Mi batterei perché ci sia un approfondimento di indagine, perché loro la mettono sempre su questo piano, ormai la mia esperienza me lo ha fatto capire, noi anteponiamo la sicurezza dei cittadini, la sicurezza diventa il fattore decisivo di fronte a degli esagitati che vogliono salvare la natura, oggi si è bollati come dei talebani, persone che non bisogna considerare, mentre loro considerano e stanno ad ascoltare persone che dicono che le piante sporcano, la pianta perde delle foglie, allora bisogna potarla, bisogna rovinarla, quelli li ascoltano. Non sono un criminale, un irresponsabile che a tutti i costi voglio tenere in piedi una pianta che ragionevolmente può essere pericolosa, o ha delle evidenze che sia pericolosa, io dico che il modo di procedere basandosi su delle ipotesi, su delle supposizioni, è infondata; oppure dire, si ma noi ogni anno dobbiamo spendere dei soldi per questa pianta qua, rinnoviamo, rinnoviamo. Sarebbe come dire, una persona diversamente giovane che raggiunge i 70 anni la eliminiamo, tanto bambini se ne fanno sempre, dimenticando che sono un patrimonio non solo ambientale queste piante ma anche storico, sono l’identità di generazioni di persone quindi hanno un valore. Quindi io mi batterei perché queste persone scendano a patti, la perizia così non è esaustiva e bisogna andare avanti; se no vi fanno passare come dei talebani, delle persone che abbracciano gli alberi, mentre loro bravi hanno a cuore la sicurezza delle persone, ma anche Alberto Tognola l’ha a cuore la sicurezza degli altri, anche tutti voi l’avete a cuore, cosa siamo dei pazzi scatenati? È chiaro che ce l’abbiamo a cuore anche noi, quando è motivata e supportata da ragionamenti seri, non dalle cose così approssimative.
Possiamo anche organizzare, più avanti, una serata con la popolazione di Daverio sull’importanza e i benefici che gli alberi hanno in città, perché salvaguardarli, aldilà dell’olmo, proprio per creare anche una coscienza nelle persone, è una vita che lo faccio, lo faccio volentieri. Però da quanto io ho visto il sindaco la sta mettendo sulla sicurezza, sulla limitatezza delle risorse economiche a disposizione; io ho cercato di baipassarlo dicendo che non avrebbero speso neanche una lira per questa cosa, ve lo faccio gratis, sotto la supervisione del vostro tecnico. Tirare giù una pianta di 100 anni e sostituirla con un alberello di caco o anche di olmo di 5 anni, non ha la stessa valenza ambientale, culturale, storica che ha questa pianta. Se noi fossimo negli Stati Uniti, quella pianta lì avrebbe un recinto di rispetto grosso quanto il parcheggio, la gente la guarderebbe, ci sarebbe una targa per illustrarne la storia, noi invece la trattiamo come un fastidio che potrebbe essere fonte di pericolo, che impedisce alle macchine di posteggiare lì, guai se cade un rametto, guai di qua, guai di là, guai di sopra, io le chiamo dendrofobi queste persone, hanno innato un sentimento di paura e di odio verso il mondo vegetale.
Contattaci per qualsiasi domanda o dubbio!
Daverio cresce – 2022
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