Home » Storia di Daverio » La chiesa di Santa Maria in Daverio
Articolo di Paola Viotto dal volume “In riva al cielo” edito dai Comuni di Daverio e Galliate Lombardo, 2011
Il visitatore curioso che percorre le strade dei paesi a sud del lago si imbatte spesso in uno di quei piccoli gioielli di architettura “minore” di cui il nostro territorio è sorprendentemente ricco. Sono piccoli oratori medievali, nobili ville settecentesche, resti di antiche fortificazioni, che fanno parte di un tessuto culturale ricco e variegato. È un piacere scoprire la chiesetta recentemente restaurata dell’Annunciata di Brunello vero scrigno di affreschi quattrocenteschi, o le dimore storiche di Daverio e Galliate Lombardo, alcune delle quali conservano un patrimonio architettonico e decorativo di grande interesse.
A Daverio scopri, racchiusa tra le case antiche del nucleo storico nella parte alta dell’abitato, la Chiesa di Santa Maria, Il piccolo edificio è un costruzione dal fascino sobrio e discreto, che si integra perfettamente nel tessuto urbanistico e rende visibile il trascorrere della storia attraverso i segni che il tempo e gli uomini hanno lasciato sulle sue pareti. I restauri conclusi nel 2000, grazie alla collaborazione tra Parrocchia e Comune, hanno fatto riemergere dall’ombra della dimenticanza le vicende del suo lungo passato. Elementi architettonici che erano rimasti per anni nascosti nell’intonaco si offrono così oggi nuovamente allo sguardo, come le tracce del rosone gotico intorno alla finestra della facciata.
Gli archeologi hanno gettato uno scandaglio nelle profondità della storia, e hanno trovato le tracce della cappella originaria, costruita su questo colle prima dell’anno Mille, piccola, con una sola navata e una semplice abside quadra. Sulle sue fondamenta si costruì in epoca romanica un edificio nuovo e più grande, con due navate e due absidi, di cui resta una misteriosa pietra marcata con il simbolo di un’ascia, in seguito reimpiegata come gradino per l’altare e oggi esposta a lato della parete sud. La tradizione locale vuole che ci fosse qui un monastero, ma la posizione elevata fa pensare piuttosto a una cappella di castello, un luogo di preghiera annesso a una fortificazione a guardia del territorio. Di certo una famiglia nobile, quella dei Sessa, aveva sul finire del Medioevo la sua dimora negli edifici contigui alla chiesa. Ne resta un porticato quattrocentesco dalle proporzioni armoniose, che reca ancora tracce di affreschi purtroppo illeggibili. Ma sopra le esili colonnine di pietra gli stemmi scolpiti nei capitelli proclamano ancora orgogliosi i legami dei Sessa con i Bossi, potenti signori della zona a sud del lago.
Ai Sessa si fa risalire la ricostruzione definitiva della chiesa, che in omaggio alla nuova sensibilità aggiunse all’antica dedicazione alla Vergine il titolo di Assunta. Fu così edificata la costruzione quattrocentesca che ancora vediamo, ad una sola navata, con abside quadrata coperta da volta a crociera. Dominava allora il gusto gotico lombardo, con una predilezione per le decorazioni realizzate con formelle di cotto stampate a motivi floreali. Anche Santa Maria Assunta ebbe così i suoi archetti ogivali di terracotta, che ancora si rincorrono sul bordo superiore delle pareti esterne sotto il consueto fregio a dentelli.
Di certo in quella occasione la chiesa venne riccamente decorata a nuovo con affreschi, oggi scomparsi a causa del trascorrere dei tempi e delle mode. Ma il notevole paliotto dell’altare, che nostra il Cristo in pietà, sostenuto dalla Madonna e da San Giovanni e adorato da un Santo vescovo inginocchiato a mani giunte, testimonia un’alta qualità pittorica ma anche una complessa ricchezza simbolica. La presenza sul lato destro della colonna della flagellazione, macchiata di sangue, intorno a cui si avvolge una corda, proclama infatti il rapporto tra la Passione di Cristo e il sacrificio eucaristico che si celebrava sull’altare. Molti elementi, dal disegno dei volti fino ai motivi decorativi dello sfondo e della cornice, richiamano alla mente le opere della bottega di Galdino Campanigo, il principale pittore varesino operante tra XV e XVI secolo, attivo in zona a Gazzada e a Erbamolle. Non molti anni più tardi, nel marzo 1523, un’altra e meno abile mano affrescò i riquadri con immagini della Madonna e dei Santi sulla parete meridionale, La superstite scritta “MAFIOLO” che ancora si legge al lato della porta allude forse a un committente destinato a restarci sconosciuto.
Ben diverso il caso del monumentale e coevo (XVI) Sant’Antonio Abate della controfacciata, su cui il nobile committente Giacomo Sessa, sempre nel marzo 1523, fece apporre lo stemma della sua casata e quello dei Visconti all’interno di un’elaborata cornice classicheggiante che finge una nicchia architettonica. Dal basamento pende un largo cartiglio, che con elaborati versi endecasillabi ricorda un naufragio scampato per intercessione del Santo, che infatti in quest’affresco è collocato su un insolito sfondo di lago e di barche, in cui è possibile riconoscere un paesaggio prealpino. Ai suoi piedi l’inseparabile porcello, che assume le fattezze un po’ inquietanti di un cinghiale dalle zanne ricurve, ricorda però il tradizionale ruolo del Santo come protettore degli animali. Altri pericoli attendevano intanto i daveriesi, visto che alla fine del secolo la peste colpì duramente tutta la Lombardia. La tradizione secondo cui il cortile porticato dietro la chiesa avrebbe per un cero tempo ospitato un lazzaretto è un’eco di questi tempi bui, che non risparmiarono i paesi attorno al lago.
Non stupisce quindi trovare, proprio a lato della porta laterale, un affresco votivo datato 1577, in cui la Madonna è accompagnata dai Santi Rocco e Sebastiano, da sempre invocati contro il terribile morbo. Anche qui le figure sono rappresentate all’interno di un’edicola dipinta ed esibiscono gli attributi iconografici che permettevano una loro facile identificazione: le frecce per San Sebastiano e il bubbone, le insegne del pellegrino, il cane con il pane in bocca per San Rocco.
Alla fine del Cinquecento arrivò anche a Daverio Carlo Borromeo, che promosse Santa Maria al ruolo di parrocchiale provvisoria, in attesa della ristrutturazione dell’altra. Alla memoria del grande arcivescovo, che si distinse anche nel soccorso agli appestati, fu dedicato l’ultimo intervento artistico di rilievo nella chiesetta. In seguito a un legato della nobildonna Camilla Sessa, che fece testamento nel 1649, fu infatti aggiunta sulla parete settentrionale la cappella di San Carlo. Sopra l’altare, fornito di un pregevole paliotto di tela, si trova una statua lignea di impressionante realismo, con il volto scavato e la barbetta rada, vero ritratto del Santo. Sempre al Seicento risale anche la tela che rappresenta l’Assunzione, un tempo sull’altare principale e attualmente trasferita sulla controfacciata.
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