Interviste

La Palafitta Ponti a Cazzago Brabbia

Daverio Cresce - Incontri Formativi - 20-01-2021
Incontro con la Dott.ssa Sabrina Luglietti, archeologa
Con un saluto del sindaco di Cazzago Brabbia, Emilio Magni

Emilio Magni

Quando abbiamo realizzato il nuovo pontile, lo abbiamo fatto con la supervisione dell’archeologo prof. Baretti. Le palafitte fanno parte della cultura di Cazzago. Come sindaco avevo insistito sul recupero per fare un complesso con l’Isolino Virginia, con il sito palafitticolo di Bodio, di Galliate, visto che anche Daverio ha reperti palafitticoli, potremmo includerla. Nello stemma di Cazzago ci sono la quercia e tre pesci, descrivono l’ambiente palafitticolo senza la palafitta.

Noi abbiamo previsto un progetto pluriennale. I costi dell’operazione sono di circa 20.000 euro all’anno, così suddivisi: 10% il Comune, 50% la Fondazione comunitaria del varesotto, 30% la Regione e poi ci sono dei privati. Per visitare il sito si può lasciare l’auto in piazza della chiesa e scendere a piedi alla piazza di lago, da lì si prende poi il sentiero per vedere il sito. La dottoressa Luglietti è stata incaricata della ricerca subacquea.

Il numero dei pali rinvenuti è superiore a quelli necessari per sorreggere una casetta. Il numero di pali serve per aumentare la portanza del terreno. Il palo serve a consolidare il terreno (come a Venezia) e poi lo fai emergere. Le capanne probabilmente saranno state formate da legno, argilla e cannette di lago.

Sabrina Luglietti

Le immersioni vengono programmate nel periodo invernale, perché è il momento in cui l’acqua è più limpida. Il lago d’inverno ha un fascino unico. I siti palafitticoli dei laghi del varesotto sono simili a quelli che troviamo nell’arco prealpino, si trovano anche sul lago di Garda, in Trentino, in Veneto. Friuli Venezia Giulia, Austria, Svizzera, Francia. Sul lago di Varese le ricerche sono riprese a partire dal 2017.

I siti nella nostra zona sono 13, 9 sul lago di Varese, 3 su quello di Monate, 1 sul lago di Comabbio. Sono siti importanti perché rientrano in un contesto Unesco (Isolino Virginia, palafitta Bodio Centrale, palafitta del Sabbione Monate). Le palafitte Ponti, Desor Bodio, Galliate sono associate. Il totale dei siti riconosciuti del lago di Varese è di 6.

La palafitta Ponti fu mappata nel 1873 dal Regazzoni; in quel periodo la ricerca archeologica era molto attiva. Una grande siccità aveva svelato nei laghi Svizzeri l’esistenza di pali e reperti preistorici. Fu la molla che fece scattare ricerche anche nel resto dell’arco alpino. Allora fu trovato un esemplare di ascia in bronzo. Nel 1973 si è ripreso a indagare anche in provincia di Varese. Nel 2017 la ricerca riprende vigore e Cazzago ha voluto partecipare a un bando di Regione Lombardia e si è avviato un progetto di finanziamento coinvolgendo anche Fondazione Comunitaria del Varesotto, il Comune e i privati. Con Paolo Baretti sono stata incaricata delle immersioni.

Abbiamo trovato una quantità di pali di palafitta da 80 cm di profondità fino a 2 m. Con l’acqua trasparente si vede bene. La ricerca è stata limitata a un’area definita, posizionando 3 griglie, di 6 m x 24, una nel 2018 e due nel 2019. Si è proceduto alla numerazione dei pali, al rilievo, al recupero di campioni di rotelle di legno per le indagini dendrocronologiche e al carbonio 14. Ne è uscita una mappa: in 50 mq abbiamo 150 pali.

L’insediamento inizia alla fine del 1700 a.C. e prosegue fino alla fase finale del Bronzo Antico. La palafitta, costruita con legni prelevati dal bosco, era a bordo lago: allora il lago era più piccolo. L’insediamento è contemporaneo a quello di Bodio Centrale e al Sabbione del Lago di Monate. Gli abitanti vivevano di pesca, dell’allevamento di caprini e ovini, coltivavano cereali, erano dediti alla caccia. C’era uno scambio tra i villaggi e il resto del mondo alla loto portata: Sardegna, lago di Garda, pianura padana, scambio ti idee e tecnologie. Presso il museo di Villa Mirabello c’è una sezione dedicata alla palafitta.

La ricerca si propone anche la tutela, la valorizzazione e la fruizione del bene. Un campo boe impedisce la navigazione e la pesca; Pannelli illustrativi sono posizionati alla darsena e vicino al campo boe, che si raggiunge attraverso un sentiero a bordo lago nel bosco fino ad una piccola radura in riva alla “Baia dell’amore”. Si può inoltre visionare un video su YouTube e, in biblioteca, è disponibile una brochure realizzata nel 2020 dal Comune.

Sabrina Luglietti risponde ad alcune domande

QUALI VANTAGGI A VIVERE SULLE PALAFITTE?

La palafitta è nota nell’età del bronzo, dal 1900 a.C. fino all’800 a.C. Si ritrova in tutta Italia, sui laghi, sui fiumi, in pianura padana ed è il risultato di scambio di idee architettoniche. Il bordo lago è un’ottima zona abitativa. Intorno ci sono foreste, soprattutto di quercia, ottimo materiale costruttivo. La zona del lago di Varese è anche un giacimento di selce e di ottima argilla per la ceramica. L’attuale provincia di Varese dal punto di vista ambientale era perfetta per insediarsi. Perfetta dal punto di vista climatico. Attorno al lago c’era lo spazio per l’allevamento e l’agricoltura. Il lago pescoso, la zona piovosa. Tutto molto comodo. Lo scambio di oggetti e di persone avveniva sulle vie di comunicazione del fiume Ticino, del Po e del mare; oltre le Alpi avveniva lo scambio di merci, di tecnologie. Le popolazioni conoscevano la tecnica di fusione del bronzo. C’era l’acqua potabile del lago (il sindaco ricorda che da bambini la bevevano). Era possibile la filatura e la tessitura con telai. Con il bronzo si realizzavano punte di freccia e di lancia, spilloni, asce.

La ricerca è stata il frutto di molta passione da parte dei tecnici archeologi, dell’amministrazione comunale, dell’ufficio tecnico e della popolazione.

LE PALAFITTE ERANO SCELTE PER LA DIFESA DELLA COMUNITÀ?

Le palafitte non erano costruite sull’acqua. Non c’è un dato scientifico sull’altezza dell’impalcato, sicuramente i pali scendono tanto nel terreno: le palafitte del lago di Edro hanno un’altezza di 1 metro e 20, hanno pali di 4 metri. Nelle torbiere le strutture sono tutte collassate. Sicuramente c’erano lupi, ma la difesa non era il motivo principale delle costruzioni. Le capanne avevano delle botole sul pavimento per buttare scarti di cibo, sicuramente c’erano problemi di umidità, la zona era molto piovosa, e quindi esondazioni del lago.

Dalla brochure “Archeologia del lago di Varese” pubblicazione del Comune di Cazzago Brabbia a cura di Sabrina Luglietti

I SITI PALAFITTICOLI: UN PATRIMONIO SOMMERSO DELL’UMANITÀ

Tutelati e protetti dalle acque dei laghi, i siti palafitticoli conservano il loro straordinario patrimonio archeologico e culturale, offrendo uno specchio delle civiltà passate, dal Neolitico fino all’età del Ferro (5300-500c.C.). Grazie alla convenzione siglata nel giugno 2011 il sito seriale transnazionale “Siti palafitticoli preistorici dell’arco alpino” è stato iscritto nella lista del Patrimonio Mondiale dell’UNESCO. Il sito comprende, oltre l’Italia, la Svizzera, la Francia, la Germania, l’Austria e la Slovenia, per un totale di 111 palafitte iscritte. In Italia ne sono presenti 19, di cui 10 in Lombardia e più precisamente 3 in provincia di Varese: l’isolino Virginia, la palafitta di Bodio Centrale e delle Monete e la palafitta del Sabbione di Cadrezzate. Accanto ai siti iscritti l’UNESCO ha riconosciuto una serie di “siri associati”, complessi archeologici di notevole rilevanza culturale che al momento dell’iscrizione nel 2011 non soddisfacevano i requisiti previsti. Sul lago di Varese troviamo il sito Gaggio Keller, la palafitta Desor o Maresco e la palafitta Ponti o Cazzago di Cazzago Brabbia.

LE PALAFITTE DEL LAGO DI VARESE

Dopo l’ultima glaciazione, il territorio varesino subì una graduale evoluzione fino all’instaurarsi di un periodo climatico ottimale che permise, nel corso del VI millennio a.C., lo stanziamento delle prime piccole comunità lungo le sponde del lago di Varese. Durante il Neolitico Medio e Recente e l’Età del rame, la popolazione aumentò occupando anche le aree di Bodio, Bardello, Biandronno, Gavirate e Cazzago Brabbia. Tra il Bronzo Antico e il Bronzo Medio (1800-1500 a.C. circa) abbiamo il periodo di massimo sviluppo caratterizzato da una prima forma di organizzazione dei villaggi. Gli abitati, denominate palafitte dai primi studiosi, erano posizionate lungo le sponde del lago con le capanne di legno e paglia poste su assiti lignei posati direttamente sulla terraferma e sollevati da numerosi pali e collegate tra di loro da passerelle.

L’economia di questi villaggi era articolata in varie attività come l’allevamento, l’agricoltura, la caccia e la pesca: Caprini, ovini e bovini allevati costituivano la principale fonte alimentare insieme a vari tipi di frumento e orzo, i quali venivano conservati in grandi vada d’argille. La caccia a uccelli, cervi e cinghiali, insieme alla pesca, completavano il quadro economico.

A margine delle attività economiche legate al sostentamento esistevano numerose lavorazioni come la tessitura che produceva, con telai verticali e fusaiole, vesti di lana e di lino. La scheggiatura della selce estratta in zona era fondamentale per la produzione di punte di frecce, falcetti, raschiatoi, grattatori da immanicare su legni, ossa o corna, per la realizzazione di strumenti utili all’agricoltura, alla caccia, alla pesca e alle altre attività produttive del villaggio.

L’avvento del rame e poi successivamente del bronzo permise la fabbricazione di pugnali, punte di lancia, spilloni, bracciali, lesine e ami da pesca. La produzione di asce in bronzo era fondamentale per la costruzione e la manutenzione delle palificate e delle capanne dei villaggi. Ancora oggi si trovano i segni dei colpi di ascia sui pali conservati sul fondo del lago.

Tra i vari villaggi esisteva una fitta rete commerciale ed un continuo scambio di merci e tecnologie. Il commercio era attivo lungo le vie lacustri e fluviali con tutta l’area subalpina.

Tra il XIV e il XIII secolo a.C. si osserva un graduale e per ora poco documentato abbandono delle aree palafitticole; verso la fine del Bronzo recente i villaggi furono abbandonati e dimenticati.

LA SCOPERTA DEL SITO

Il 25 aprile del 1863, in un’epoca pionieristica per le ricerche palafitticole, un gruppo di studiosi, riunitisi a Milano in un convegno organizzato dalla Società Italiana di Scienze naturali, decise di intraprendere delle ricerche nel lago di Varese mirate a verificare l’esistenza d insediamenti lacustri preistorici simili a quelli rinvenuti pochi anni prima sul versante settentrionale delle Alpi, nel lago di Zurigo.

La palafitta Ponti o Cazzago, scoperta nel 1863 da Antonio Stoppani, prende il nome dalla famiglia Ponti, allora proprietaria del lago di Varese. Le ricerche, condotte tra il 1876 e il 1877 da Innocenzo Regazzoni individuarono numerosi pali tra i grossi ciottoli, Dalle analisi del Regazzoni e dal rilievo del professor Zona il sito apparve diviso in due aree; il Regazzoni ipotizzò che le due palafitte fossero un’unica struttura non più riconoscibile a causa della scomparsa di molti pali.

Durante le campagne di ricerca, sono stati raccolti molti reperti di ceramica inquadrabili in un arco cronologico compreso tra il Neolitico e il Bronzo Recente, Una quindicina di oggetti in bronzo, tra cui un’ascia a margini rialzati e taglio espanso, sono databili a una fase recente del bronzo antico e attualmente conservati presso i Musei Civici di Villa Mirabello a Varese.

ARCHEOLOGIA SUBACQUEA

Dopo la fine della stagione delle ricerche ottocentesche, la palafitta restò inesplorata fino al 2017, quando grazie a finanziamenti pubblici e privati, sono ripresi i lavori. Le prime ricognizioni subacquee hanno delimitato la massima estensione del sito e la sua corretta georeferenziazione all’interno del Golfo dell’Amore, a pochi metri dal limite del canneto. L’ambiente lacustre ha permesso una buona conservazione del resto dei pali lignei utilizzati per la costruzione dell’abitato. Già dalle prime immersioni il sito si presentava ricco di pali, localizzati in due distinte aree, una più vicina a riva, caratterizzata da un acciottolato, e una seconda, con i pali infissi direttamente nel limo. La profondità del fondale è compresa tra i 70-80 cm e 2,3-3 m nella zona più al largo.

Le prime fasi della ricerca hanno portato alla campionatura di otto pali, dai quali sono stati tagliati manualmente dei dischi lignei dello spessore di circa 10 cm per le analisi di laboratorio. Le analisi xilotomiche sui campioni hanno fornito importanti informazioni circa le essenze utilizzate per la costruzione dell’abitato, in particolare, querce, olmi, frassini e ontani che caratterizzavano i boschi circostanti il lago. La dendrocronologia ha delineato un primo quadro cronologico compreso tra il XVII e il XVI secolo a.C. Questo importante dato ha aperto la strada a successive ricerche attualmente in corso.

La ricerca archeologica è proseguita in prossimità del limite Nord-Ovest, in un’area di 72 mq, suddivisa in tre settori, dove sono stati rilevati circa 150 pali. L’analisi dendrologica di 20 pali e le recenti analisi al radio carbonio, hanno permesso di individuare un elemento strutturale composto da 4 pali di quercia, databili al XVII secolo a.C. Future ricerche ed analisi consentiranno di approfondire la natura di questi elementi strutturali che potrebbero essere interpretati come porzioni di capanne e come porzioni di camminamenti che collegavano le singole abitazioni.

LE ASCE DELLA PALAFITTA PONTI

Tra i reperti emersi durante le ricerche ottocentesche condotte dal Regazzoni uno dei ritrovamenti più importanti è senza dubbio un’ascia in bronzo a margini rialzati, con tallone fornito di incavo ad occhiello, corpo piuttosto largo e taglio espanso. Il manufatto è una varietà di ascia del tipo Lodigiano ed è attualmente conservato presso i Musei Civici di Villa Mirabello a Varese. Durante la campagna di ricerca del 2019, fuori della zona dei tre settori, è stata portata alla luce un’ascia che trova un ottimo confronto con quella ritrovata dal Regazzoni. Una terza ascia simile ma riferibile al tipo Langquaid, proveniente dal sito Ponti e recuperata nel 1973 da un gruppo di subacquei, è conservata presso il museo della Società Gallaratese per gli Studi Patrii.

I tre bronzi sono inquadrabili a una fase recente del Bronzo Antico.

LA PALAFITTA VERSO IL FUTURO

Il patrimonio archeologico conservato sul fondo del lago è estremamente delicato e l’attuazione di azioni di salvaguardia, conservazione e comunicazione sono gli obiettivi che ci si è posti nella ripresa dell’attività di ricerca. A tutela del fondale e dei reperti in esso conservati è posto un campo boe che impedisce la navigazione e la pesca. Dalla darsena di Cazzago è possibile scorgere le boe gialle e arancioni a delimitazione del sito, un primo pannello informativo avvicina il visitatore alla scoperta della palafitta e successivamente, attraverso un percorso naturalistico, si accede ad un punto di osservazione i prossimità del sito, dove un secondo pannello, racconta l’abitato e i suoi contenuti. I pannelli e un video pubblicato su YouTube raccontano al visitatore, con parole e immagini subacquee la palafitta Ponti.

 

APPROFONDIMENTO

ANALISI XILOTOMICHE

Forniscono informazioni sull’essenza del legno utilizzato. Questi dati raccontano dell’ambiente che circondava l’abitato e delle tecnologie che venivano impiegate. La scelta di una specie rispetto ad un’altra indica che l’uomo operava una selezione sulle essenze in base all’utilizzo.

ANALISI DENDROCRONOLOGICHE

Metodo scientifico per la datazione dei reperti lignei. La dendrologia studia gli anelli di accrescimento degli alberi, la cui lettura genera un grafico detto curva dendrocronologica. Confrontando le curve del campione con standard di riferimento, è possibile stabilire l’epoca degli alberi abbattuti per la costruzione della palafitta.

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