Interviste

L’esperienza di REMIDA e il progetto Central Park, con Enrico Casmirri

Daverio Cresce - Incontri Formativi - 10-02-2021

Alberto

Spiego per chi non ha mai partecipato, questi nostri incontri sono dedicati a un argomento e sono degli incontri di approfondimento, perché noi siamo un comitato elettorale, intendiamo presentarci alle prossime amministrative, abbiamo pensato che fosse necessario essere preparati su tutta una serie di argomenti, perché in effetti l’amministrazione comunale si occupa di tantissime cose, dalle questioni culturali, all’educazione, servizi sociali, urbanistica, quindi bisogna avere un po’ un’infarinatura di tutto per cui l’idea era stata quella di fare appunto questi incontri di approfondimento che poi vengono registrati, comunque viene fatto un resoconto della serata e poi vengono messi e già ce ne sono alcuni sul nostro sito che è www.daveriocresce.it. Quindi noi mettiamo interviste, materiali di questi incontri che poi sono a disposizione di chi li vuole andare a rivedere o ad approfondire, insomma del materiale che rimane lì.

Questa sera l’idea era, partendo dall’esperienza di Enrico, di parlare dell’attività di laboratori creativi artistici, Enrico ha sicuramente una grossa esperienza che poi ci spiegherà lui meglio con Remida che è quella associazione che operava e speriamo che opererà ancora al chiostro di Voltorre. Io l’ho appunto conosciuto quando ero consigliere provinciale e occupandomi di cultura mi occupavo anche del chiostro di Voltorre, quindi abbiamo avuto modo di collaborare, e in quell’occasione ho potuto seguire un po’ i loro laboratori. Adesso lascerei subito la parola a Enrico e ci affidiamo alla tua eloquenza. Prego Enrico.

Enrico

Sì, io mi occupo, mi occupavo e spero di occuparmi poi in futuro perché quello che amo fare sono i laboratori didattici. Non so se qualcuno di voi conosce la metodologia Reggiana o Reggio Children?. La metodologia Reggiana è una metodologia più conosciuta all’estero che non in Italia e all’estero è conosciuta più della metodologia Montessoriana.

La metodologia Reggiana è progetto educativo didattico e ambientale. A Reggio Emilia tutte le scuole si fondano su questa metodologia, andiamo dal nido alle scuole dell’infanzia, alle primarie, secondarie anche alle superiori. Le scuole sono associate ad un grosso centro Remida che è in città o in periferia a seconda della collocazione delle scuole. Quindi Remida non è un nome che abbiamo dato noi a Varese al centro del Chiostro di Voltorre, Remida perché rende oro materiali di scarto. Nasce come processo educativo ambientale, nel senso che recuperiamo dei materiali di scarto dalle aziende nella provincia e li mettiamo a disposizione delle scuole e dell’espletamento dei nostri laboratori. Abbiamo vinto nel 2009 come associazione un bando Interreg, un bando internazionale, e abbiamo ricevuto dei fondi per avviare questo progetto anche in Lombardia. È stato un progetto che all’inizio ha avuto moltissime difficoltà: in realtà tantissime scuole volevano partecipare, noi abbiamo avuto i primi due anni più di duemila utenze all’anno solo di scuole, più di duemila ragazzi che venivano da noi, ma proprio delle amministrazioni politiche perché l’amministrazione politica di allora, Alberto lo sa, era un’amministrazione leghista in Provincia, c’era Galli come presidente e quindi questa cosa che aveva successo doveva essere per forza vestita di verde, cosa che incontrò estrema difficoltà soprattutto da parte mia perché era un progetto educativo fatto per i bambini; non volevo vestirlo politicamente di nessun colore quindi quasi per un anno ci hanno assegnato spazi dove non potevano venire le scuole, cercavano di metterci un po’ i bastoni fra le ruote. Detto questo poi c’è stato un esponente di Forza Italia che invece l’ha vista lunga e ha detto no, questo è un progetto che serve, che va bene, che è forte insomma, vi do il chiostro di Voltorre, cercate di risollevarlo. Quindi ci siamo messi sotto, abbiamo avuto problemi con le associazioni che c’erano prima dentro perché ci hanno visto un po’ come nemici, ma il progetto è andato avanti e si è sviluppato molto molto bene Tanto è vero che poi abbiamo allargato gli obiettivi che erano quelli dell’associazione perché il bando ci permetteva di far nascere il progetto ma poi dovevamo dimostrare che eravamo capaci di sostenerci e quindi abbiamo dato vita a tutta una serie di cose che adesso proverò ad illustrarvi.

Allora, prima vi illustro che cosa è Remida.

  • Questo è l’interno del chiostro e qui fu il giorno dell’inaugurazione. Tirammo tutte queste cimosse elastiche, mi aiutarono i bambini, furono più di 400 gli ingressi quella giornata lì. Poi i bambini ebbero la bellissima idea di stendersi sopra la rete, la ragnatela che si era creata e cominciarono a molleggiarsi e fu una roba bellissima. Comunque detto questo: centro di riciclaggio creativo proprio perché il principio è il riuso creativo del materiale di scarto aziendale; quindi proprio Remida è un progetto culturale di sostenibilità ambientale, creatività e ricerca dei materiali di scarto; cioè lo scarto non è più qualcosa di imperfetto, di inutile, ma diventa qualcosa capace di sollecitare riflessioni, cioè si propone come risorsa educativa; nel senso che è poi un progetto ambientale perché allo scarto riusciamo ad allungargli ulteriormente la vita: oggi diventa il corpo di un pagliaccio, domani diventa un camion e così via.

Questi laboratori poi li abbiamo ampliati anche agli adulti. Queste sono le attività, noi abbiamo un emporio dei materiali, ossia abbiamo una parte degli spazi a nostra disposizione, che sono tanti sono grandi, dove mettiamo a disposizione delle scuole e delle insegnanti i materiali; ossia la scolaresca può anche venire prendere i materiali e riportarli in classe.

Tenete presente che a Reggio Emilia questi materiali servono proprio per le lezioni didattiche proprio in classe; anche all’università, Scienze dell’educazione alla Bicocca, usano queste. Scienze dell’educazione ci chiama spessissimo, io ho spesso delle ragazze tirocinanti, delle tesiste che vengono da noi lavorano da noi per qualche mese, fanno osservazione e poi fanno la tesi.

Poi oltre le attività, oltre l’emporio che vi farò vedere, ci sono le proposte didattiche che facciamo appunto alle scuole di ogni ordine e grado; vengono anche da Brera, sono venuti anche universitari, viene il CFP, il liceo scientifico. Poi abbiamo gli esploratòri con le scuole e le famiglie, cioè facciamo questi laboratori il sabato e domenica dedicando l’apertura alle famiglie, quindi papà mamma figli vengono da noi si mettono nei nostri spazi nei nostri laboratori e fanno attività, dopo vi spiegherò come la fanno.

Poi abbiamo laboratori itineranti cioè li portiamo in giro nei Comuni ,nelle scuole, andiamo anche nelle scuole che non possono venire perché magari il servizio autobus è troppo costoso. Faccio formazione alle insegnanti, per la metodologia reggiana io sono fondamentalmente un Atelierista. Poi facciamo installazioni artistiche; open day aziendali, abbiamo lavorato in collaborazione anche con Newton che è una società di Milano che si occupa di queste attività di team building. Lo abbiamo fatto per esempio per la Banca Nazionale del Lavoro. lo abbiamo fatto per la Banca Popolare di Napoli, lo abbiamo fatto per la Ferrari e così via; poi facciamo attività nelle aziende, lo facciamo ogni anno per esempio per la Rizzoli andiamo nella loro azienda e tutti i bambini dei dipendenti giocano: sono circa 600 bimbi più o meno, giocano con noi, allestiamo dei grossi spazi all’interno di RCS, questo per fare un esempio, e giocano con i materiali che vengono usati da mamma o papà, quindi con la carta fondamentalmente.

Adesso vi faccio vedere delle cose per ognuna di queste attività:

  • L’emporio è questo, vedete mettiamo a disposizione dei materiali, qui c’è un’insegnante che fotografava. Non soltanto per insegnanti, ma anche per i privati, vengono designer, viene la massaia a cui serve del filo o del tessuto, c’è una pluralità di persone che viene all’emporio; diamo delle giornate su appuntamento da dedicare all’emporio, da dedicare a chi viene, ed è il luogo appunto dove cercare, sperimentare trovare ed acquistare materiali di scarto, chiaramente l’acquisto è un acquisto simbolico nel senso che vengono pagate €10 all’anno per fare la tessera e coprire appunto i costi assicurativi dopodiché a seconda della quantità e del tipo di materiale che prelevano c’è un piccolo costo che copre le spese del furgone con cui andiamo a ritirare i materiali nelle varie aziende, qui a Daverio andiamo spessissimo alla Merlett per fare un esempio.
  • Poi abbiamo le proposte didattiche, questa è una scuola che è venuta da noi, qui avevamo allestito una mostra sul riciclo e quindi sulla sostenibilità ambientale, qui in questo momento stavo spiegando i prodotti senza imballaggio, i prodotti sfusi; avevamo creato queste cartonistiche e questi scatoloni dove c’erano dei pulsanti che i bambini schiacciavano dando le risposte giuste.

Poi da questa parte del chiostro avevamo questa mostra, dall’altra parte avevamo i laboratori e in base a quello che avevo spiegato facevamo dei laboratori attinenti che poi vi farò vedere.

In cosa consistono queste proposte didattiche. Queste proposte educative didattiche sono indirizzate proprio sia ai bambini che agli adulti, adesso non vi sto a dire cos’è un Atelierista o che cos’è la Metodologia Reggiana perché ci vorrebbe tantissimo tempo, però quello che noi facciamo è usare materiali e strumenti non convenzionali, ossia un materiale di scarto è materiale che non trovi usualmente in una scuola, non lo trovi per convenzione, non è per convenzione fatto per essere uno strumento didattico, noi invece lo utilizziamo proprio in quel senso soprattutto perché lo proponiamo agli adulti e ai bambini, perché il materiale di scarto aziendale a volte è un materiale molto strano inusuale nel senso che tu non te lo vedi spesso in giro ed a me piace dire che è un materiale molto democratico, ossia davanti a lui l’inesperienza del bambino è la stessa inesperienza che ha anche l’adulto, sono uguali davanti a un materiale di scarto e molto spesso, siccome l’adulto ha dimenticato di essere bimbo, molto spesso le proposte che fa il bambino sono anni luce avanti alle proposte che fa l’adulto; quando facciamo un Team building per esempio con dirigenti soprattutto dirigenti bancari, ho fatto un Team building bellissimo ed è stato quello con la Ferrari, comunque c’è la difficoltà della resistenza iniziale da parte di queste persone di questi dirigenti, un po’ perché vedono lo scarto come uno “scarto”, qualcosa di inutile una cosa con cui non ci puoi fare nulla. Alla fine della giornata invece fanno fatica ad andarsene, vorrebbero continuare i laboratori.

Comunque, andando avanti, la progettazione appunto di queste proposte si basa sui concetti di gioco e di partecipazione libera e vengono favoriti, e qui entro in ballo io, dalla cura attenta del contesto.

L’Atelierista si occupa proprio di creare il contesto, di creare lo spazio, di creare il setting, ossia io spesso vengo chiamato da pedagogiste della provincia (venivo chiamato adesso con il covid no) per creare lo spazio necessario, il contesto necessario perché un bambino magari possa uscire delle problematiche; vengo spesso chiamato perché magari in una diagnosi di un disturbo di apprendimento, un DSA oppure per qualche bimbo autistico mi è capitato di essere chiamato per creare un setting dove si poteva fare un’ottima osservazione sul bambino. Quindi cura attenta nel contesto è una cosa importantissima, è una cosa a cui proprio tengo tantissimo, ma non è una cura maniacale, è una cura dinamica, ossia io osservo i bimbi e vedo quello che progressivamente può andare e non andare e lo modifico in corso. Questo dovrebbe essere il fine di ogni laboratorio per bimbi e anche per adulti secondo me. Comunque diamo vita proprio a una sperimentazione attiva. A me non interessa dare una valutazione, non ci sono voti, ci sono soltanto quello che a Reggio Emilia vengono definite come soluzioni divergenti, ossia non esiste un’unica soluzione, non si converge solo verso quell’unica soluzione ma ce ne sono diverse, non è detto che una sia sbagliata o più giusta dell’altra, quindi il processo fondamentale è che i bambini o gli adulti si sentano protagonisti, ma soprattutto si sentano protagonisti responsabili delle scelte che vengono a fare, si crea proprio un contesto molto sereno, per fare questo bisogna creare un contesto che sia bello e indichi i punti e le procedure del bello e che renda sereno l’ambiente e le persone che entrano in quell’ambiente.

Adesso, un’altra cosa che facciamo sono gli Esploratòri che sono tutta una serie di laboratori che facciamo nei nostri spazi ma che possiamo proporre anche fuori, utilizzando pochi strumenti riusciamo a creare degli effetti bellissimi, cioè almeno questo secondo me, adesso vi spiegherò.

  • Questi sono i laboratori centrali, qui c’è un gruppo di genitori e bimbi e di qua un gruppo di studenti delle superiori. Anche le ambientazioni, anche le panchine, le sedute, i tavoli sono fatti tutti con materiali di recupero, per esempio queste panchine sono state fatte con del legno di recupero e a fianco ci sono dei vasi da giardiniere che sono stati rivestiti con un tessuto particolare sempre recuperato dalle aziende.
  • Mentre questa seduta di questo ragazzo è fatta con un rocchetto dei cavi elettrici e sopra c’è una sorta di cuscino creato da una delle mamme che vengono da noi spesso.
  • Questo è sempre l’Esploratòrio creativo, qui hanno fatto un Tucano lo vedete con tutti i materiali.
  • E qui è una idea che mi è venuta perché questi sono dei rocchetti dei filati dei tessuti, quello che resta, pensate che questi rocchetti vengono buttati via a migliaia ogni giorno, sono bellissimi, questo è il mio punto di vista.

Le aziende tessili spenderebbero di più se dovessero pagare una persona a tirare via le rimanenze di filo da questi rocchetti, perché trattengono del filo perché sono anche forati perché serve a far passare il colore durante la creazione del tessuto, ma ci vorrebbero più soldi per pagare una persona che si occupa di tirar via il filato piuttosto che recuperarli, quindi noi li recuperiamo e poi abbiamo creato con la stampante 3D queste specie di giunzioni che si giungono fra di loro e riescono a fare delle costruzioni poi, dei globi, degl’igloo, comunque sono delle costruzioni bellissime anche molto grandi.
(Vedere foto sopra)

  • Questo, per esempio è un laboratorio con queste giunzioni che ho dovuto togliere il sabato e la domenica perché creava dei conflitti, nel senso che questo è quell’adattarsi dinamico che dicevo, nel senso che giocavano soprattutto i papà. I papà giocavano a chi faceva la costruzione più grossa quindi il bambino non giocava e l’ho dovuto togliere alla fine; lo ripropongo alle scuole.
  • Questo è un altro tipo di laboratorio sempre con materiale di scarto che è stato fatto il natale del 2019 e hanno creato qui un presepe e questi bimbi aiutati dai genitori e qui un topo e un essere strano, in questo laboratorio mi ricordo mi ha aiutato la moglie di Francesco che era venuta e gli era piaciuto tantissimo fare una cosa del genere.

Questi sono gli Esploratòri:

  • Questo qui è un Esploratòrio di luci e ombre, qui lavoriamo con lavagne luminose e con proiettori. Questa sorta di installazione artistica, creando dei fili e poi mettendo l’immagine su una lavagna luminosa.
  • Qui invece dei bimbi di una scuola primaria su degli sfondi costruiscono una città e questo è il risultato che vedete di luci e ombre.
  • Qui sempre luci e ombre creano con la lavagna luminosa delle immagini che proiettiamo poi sulle pareti e qui era una scuola dell’infanzia addirittura che era venuta e aveva creato tutta una serie di installazioni di luci e ombre.

Noi proponiamo dei temi poi alle scuole, nel senso che se una scuola secondaria o anche un liceo hanno dei temi da seguire, ce li propongono e noi in base a quello che ci dicono riusciamo a confezionare dei pacchetti di laboratori proprio inerenti il tema proposto dalla scuola stessa.

  • Questo invece è il laboratorio, sono tutti spazi diversi, della macrocostruttività, è una costruzione fatta da adulti ma i bambini non sono da meno, fanno delle cose bellissime.
  • Qui ci sono dei bambini di un asilo nido, erano venuti e stanno costruendo un qualcosa poi ci spiegheranno loro alla fine, avviene sempre così, quello che hanno fatto e bisogna stare molto attenti a quello che dicono, puoi osservarli veramente tantissimo.
  • Dopo di che questo è un altro laboratorio, è la casa degli specchi, lì sono dentro a una superficie di un 10 mq circa dove ci sono tutti specchi sotto sopra di lato e vengono illuminati. Questo è un laboratorio che funziona tantissimo perché ci si basa sulle simmetrie, va soprattutto con i bimbi autistici, ho lavorato spesso con i bimbi autistici con questo laboratorio.

Poi ci sono i laboratori itineranti, uno dei nostri obiettivi:

  • Qui siamo al Comune di Barasso dove portiamo dei quadri materici, cioè delle cornici di vari colori, loro prendono il materiale che si mette a disposizione e costruiscono i loro quadri a cui danno poi un titolo e scrivono anche il nome dell’artista.
  • Queste sono tutte le nostre valigette sempre di recupero da un’azienda di Legnano Lodi Busto e qui ci sono tutti a disposizione i vari tipi di materiale. Abbiamo veramente una marea di materiali.
  • Questa è una installazione che abbiamo fatto in un Comune di Reggio Emilia ma l’avevo proposta anche anni fa a Daverio, nel senso che c’era stato Omar Cecutti che li aveva visti e mi aveva chiesto se potevo regalare un po’ di queste sagome anche a Daverio; le avevano portate qui e hanno avuto molto successo in piazza proprio del Comune. E qui ci sono delle sagome con dei buchi, i bambini mettono tessuti, mettono altre cose e vestono e creano il loro personaggio anche qui danno il loro nome.

Qui è Reggio Emilia, questa era stata una installazione importantissima durante il Remida day, c’è una giornata all’anno che è il Remida day e tutti i Remida d’Italia e del mondo fanno delle installazioni particolari perché in Italia eravamo 9 Remida, adesso siamo rimasti in 7. Il Remida di Varese, quello del chiostro, è il più grande Remida che c’è. Però i Remida ci sono un po’ in tutto il mondo e perfino in Australia.

  • Qui invece era una installazione sempre con cimose elastiche creata a Villa Tatti a Barasso.
  • Poi abbiamo la formazione delle insegnanti con la metodologia reggiana, quindi il riuso creativo dei materiali di scarto aziendale. Queste sono delle insegnanti e poi delle studentesse e io spiego cosa si fa e come si fa; sono due giornate di full immersion a livello di formazione, dove diamo un primo sguardo sul Reggio Approach cioè sull’approccio reggiano.
  • Qui è invece la parte delle installazioni artistiche, questo è un mio neo, io uso spesso le cimose come Arianna fa e ho fatto dei nidi per un progetto del Comune di Milano che era stato esposto al Salone del mobile, abbiamo anche vinto come il progetto più creativo all’interno del salone. era il fuori salone questo.

Il progetto era Con essere, cioè ci sono delle sedute praticamente il designer russo aveva ideato queste sedute vis a vis ed erano state messe in varie parti del Comune di Milano, solo che c’era anche stata l’osservazione dell’Università di psicologia di Padova di persone che si sedevano e avevano proprio una sorta d’imbarazzo per cui rimanevano sedute pochissimo, oppure facevano fatica a guardarsi, facevano fatica a colloquiare, allora l’idea era quella di creare una sorta di nido dove potessero sentirsi a livello ideologico e idealmente un attimino più protetti ed aveva funzionato bene perché poi le persone si sedevano e cominciavano a colloquiare, anche fra persone che non si conoscevano, cioè si sentivano più protette, era stato uno studio che aveva fatto il Comune di Milano in collaborazione con l’Università di Padova.

  • Qui ci sono altre installazioni, lui è Dino, è un drago costruito tutto con materiali recuperati in discarica, addirittura aveva un’apertura alare di quasi 5 metri, sono affezionatissimo a lui.
  • Qui invece è un manichino che è stato smontato e rimontato e rivestito sempre di cimose e poi c’era un’installazione fatta in un’azienda che aveva voluto una installazione perché dovevano formulare quelli che erano i loro obiettivi per una formazione loro interna.

Dopodiché, sugli Open day invece e i Team building aziendali non ho immagini da presentarvi, perché quando andiamo non ci consentono chiaramente di scattare foto e le foto che scattano al loro interno non ce le danno, le pubblicano semmai sui loro siti o su Facebook e di solito non le prendiamo e non le condividiamo.

Spero di avervi fatto capire a grosse linee quello che faccio, quindi questo è quello che amo fare, è quello a cui abbiamo dato vita appunto Remida, speriamo che possa ritrovare di nuovo vita e riciclarsi magari in un’altra maniera.

Avete domande, volete chiedermi qualcosa?

Kevin

Grazie molto molto bello

Enrico

Una cosa che non vi ho detto, Alberto forse lo saprà, che ho lavorato spessissimo non soltanto con i bambini.

Quattro anni fa il progetto Le Rughe di Varese Alzheimer mi chiese di fare questi laboratori anche per i pazienti affetti da Alzheimer e siccome mia mamma è stata affetta da Alzheimer è una cosa che mi ha appassionato tantissimo, è una cosa che mi creava un po’ delle turbative perché comunque avere a che fare con un paziente Alzheimer è estremamente difficile, vedi la trasformazione di questa persona che non ti riconosce più e tu fai fatica a interagire con lei e provi una rabbia (parlo da figlio in questo momento) provi una rabbia estrema e ti penti poi di questa rabbia estrema che provi nei confronti di tua mamma, perché non ti riconosce perché tu vorresti qualcos’altro e questo crea delle turbe, tant’è vero che quando ho fatto questi laboratori creativi per i pazienti affetti da Alzheimer a cui poi si sono aggiunti anche due personaggi bellissimi che erano invece affetti da Parkinson, è stato importante lavorare con loro ma poi ho visto che c’era la necessità di lavorare con i parenti, quindi abbiamo fatto proprio per i Caregiver dei laboratori, ho ideato dei laboratori per loro e sono stati tre anni bellissimi veramente una roba pazzesca. Così come lavorare, non vi ho detto ma lavoro spessissimo con bambini affetti da patologie anche serie, sindrome di Down e quant’altro, l’ANPAS spesso, oppure ho lavorato con i bambini del quinto e quarto piano dell’Ospedale Del Ponte, affetti da patologie ancora più severe come sono le patologie tumorali, insomma anche lì sono stati dei laboratori bellissimi. Si fa una fatica boia a volte fare questi laboratori, perché starci dentro è estremamente difficile, tant’è vero che poi tre anni fa scelsi di non farlo più per esempio per i bimbi leucemici. Questi laboratori però servono per tutti, questo volevo dire, questi laboratori sono fantastici dovreste vederli dal vivo, vi inviterò quando saremo riaperti a vedere quello che si fa.

Ho collaborato spesso con il Chicco Colombo, Betty Colombo e negli ultimi due anni anche con Roberto Piumini non so se sapete chi è.

Kevin

Piumini non è uno scrittore?

Enrico

Si esatto Piumini è il più importante scrittore che c’è adesso di libri per bimbi ed abbiamo fatto un laboratorio di riuso di Pinocchio e Piumini è venuto a leggere delle storie di Pinocchio; avevo creato una balena bellissima in uno spazio del chiostro dove Roberto veniva a leggere, tant’è vero che parlando poi con Alberto mi è venuta voglia, potessimo noi poter proporre dei laboratori delle collaborazioni con le scuole, invitare Roberto, sarebbe veramente vi dico una chicca eccezionale, a leggere delle cose dei suoi libri perché sarebbe veramente favoloso avere anche dei personaggi così.

Questo è quello di cui mi occupo poi adesso vi faccio vedere alcune cose che mi sono venute in mente invece per lo spazio verde dove c’è il laghetto: Central Park, sai che io viaggio, comincio a vedere le cose che vorrei poi fare.

Ci sono domande?

Kevin

Io ti chiedo due cose: l’età diciamo media dei ragazzi che partecipano che forse me la sono persa a cui è diciamo dedicato il Remida.

Enrico

L’età, allora io lavoro spessissimo con i bimbi della scuola dell’infanzia e con le primarie, perché negli ultimi anni mi hanno chiesto soprattutto di occuparmi di problematiche all’interno, comunque sì nido e infanzia, però collaboro anche con l’età più adulta. Tieni presente che da noi venivano anche spesso durante il periodo natalizio da novembre a dicembre, due mesi di solito fanno, dei ragazzi caratteriali ,un po’ vengono dai riformatori di Milano e vengono 4 o 5 ragazzi e con me cominciano a fare installazioni artistiche, all’inizio è difficile, ma poi anche qui, ci sono ancora adesso dei ragazzi che, usciti dalle loro problematiche (non è che noi risolviamo quella situazione), ma vengono ancora a trovarmi, c’è un ragazzo che viene ogni anno e ogni anno vuole aiutarmi a fare qualche cosa; e quindi l’età sono variate però prevalentemente nido, scuola infanzia e primaria.

Kevin

Ok, un’altra cosa che ti volevo chiedere era più un commento tuo proprio personale sull’esperienza nel senso che da quello che ho capito nei laboratori c’era anche molto coinvolgimento proprio di lavoro tra genitore e bambino insieme.

Enrico

Il lavoro tra genitori e bambino è un lavoro particolare, cioè il genitore che viene la prima volta si aspetta di trovare magari una ludoteca. In realtà, chi viene torna poi dopo spessissimo, chi collabora con me sono comunque delle educatrici e non soltanto, e se non ci sono, ci sono comunque gli educatori che non ti dicono cosa fare, cioè il genitore che gioca con il bambino, e adesso ti spiego una cosa molto importante che avviene anche nelle scuole e che è il concetto poi di comunità.

Es. il papà di Giuseppe sa tagliare bene il legno (noi abbiamo a disposizione quando ci sono gli adulti anche degli strumenti: l’avvitatore il trapano la sega…) il papà di Giuseppe sa tagliare bene il legno, bene quel pomeriggio il papà di Giuseppe non taglierà il legno soltanto per Giuseppe ma i bambini lo andranno a sollecitare: taglia il legno anche per me; cioè il papà Giuseppe diventerà il falegname per tutti i bambini all’interno del chiostro. Quindi io non ti dico mai, quando si è all’interno dei laboratori, cosa fare, perché non c’è un’unica soluzione, non c’è la mia soluzione, ce ne sono tantissime e quindi ti dirò semmai come fare se c’è un bambino in difficoltà durante un laboratorio o le scuole, se c’è un papà o una mamma che si pensa poco creativa, io in silenzio o l’educatrice in silenzio si mette a fianco, prende gli stessi materiali e comincia a costruire qualcosa, a dare degli stimoli e vedrai che subito dopo il bambino comincia a fare anche lui qualcosa con gli stessi materiali che ha scelto, poi può continuare ad andare a prendere materiali. In tutti gli spazi c’è una marea di materiali a disposizione

Kevin

Quando ci sono dei Setting, dei laboratori che hanno tra virgolette delle regole, nel senso che questo ambiente va usato così, però quando invece c’è il momento più diciamo creativo costruttivo in cui appunto il bambino ha in mano oggetti e costruisce, lì è completamente libero, cioè non gli viene detto cosa deve fare, giusto?

Enrico

No, allora si danno delle regole degli input perché non è che siano liberi di fare quello che gli pare, non è proprio così. Si danno delle regole, metti che entrano dove ci sono tutti i legni, è lo spazio della macro costruttività, in questo spazio gli si dice magari di costruire una città, partendo dalla costruzione della propria casetta e se sono magari delle primarie, partendo con sette pezzi, che per costruire una casa con sette pezzi sono pochi, non stai a costruire i confini cioè ti apri verso l’altro, quindi costruisci la tua casa, poi gli dico adesso costruite le strade che vi conducono al vostro vicino e cominci a vedere queste case che si ampliano. Una volta che vi trovate a metà strada costruite qualcosa insieme che serve alla comunità e vengono fuori delle installazioni ti assicuro che sono la fine del mondo.

Alberto, eri sindaco e mi chiedesti di andare a fare dei laboratori alle primarie qui alla Enrico Fermi, fu una settimana dove i bambini si divertirono tantissimo e dove le maestre furono tutte soddisfatte dei laboratori che avevamo fatto.

Kevin

Arrivo alla domanda che ti volevo fare all’inizio e poi chiudo.

Diciamo tu da cittadino e anche da papà che feedback hai avuto da altri genitori, da quello che hai visto, del rapporto genitore bambino.

Enrico

Eccezionale, ti dico per venire bene questi laboratori io non posso portare 400 persone dentro gli spazi, per cui quando arrivava a 60 chiudevo e i genitori si prenotavano poi di domenica in domenica, perché si trovavamo talmente bene. Tu entri, ti passa il tempo, arrivano le 19:00 e vorresti ancora stare dentro, ho avuto dei feedback, dei ritorni bellissimi, sia nel rapporto genitore-figlio sia nei rapporti, nelle relazioni che abbiamo visto tra i bambini; molto spesso fanno anche soprattutto il CFP e il Liceo scientifico per le prime classi primo anno vengono da noi per fare l’accoglienza quindi progettiamo dei laboratori per l’accoglienza, per creare le relazioni fra i ragazzi, comunque feedback che sono stati positivissimi, è sempre stata una cosa emozionante nel senso che è bello vedere determinate cose e anche viene sempre fuori il bambino com’è. Molto spesso si stupiscono anche le insegnanti che magari hanno dei bambini in classe esagitati e li vedono invece creare e giocare, collaborare con ordine con tra virgolette disciplina, ma non è termine che vorrei utilizzare, che invece a scuola non hanno mai visto e rimangono meravigliate; così come rimangono meravigliate soprattutto tutte le mamme che pensano di non avere assolutamente fantasia, io non sono per niente creativa ed alla fine della giornata invece dicono: caspita cosa ho fatto cioè ho fatto una roba fantastica, insomma tutti abbiamo delle potenzialità però sono da affinare sono da educare.

Kevin

Mi piace proprio l’idea che a mettersi in gioco non sia solo il bambino ma anche l’adulto.

Enrico

E poi ti ripeto non è necessario il prodotto finito, non mi interessa, mi interessa che sia tu il prodotto di te stesso, cioè il progetto che viene fuori della persona, del bambino è quello a cui io sono molto più attento; cioè l’osservazione è un cardine importantissimo della metodologia reggiana, bisogna osservarli durante tutto il laboratorio per capire cosa va cosa non va, cosa ho dato.

Se io metto a disposizione dei bambini un corridoio lungo aperto, secondo te cosa succederà subito? Corrono. Se io non voglio che corrano, gli metto degli ostacoli, cioè è quello l’indirizzare che fa un Atelierista, cioè indirizzo alla sperimentazione, a me interessa che sperimentino che giochino tanto insieme che cooperino insieme perché poi è quello che succede in tutti i laboratori; si possono verificare delle conflittualità, perché magari soprattutto questo succede nel nido, ma lì è fantastico vederli perché la conflittualità è indice di qualcos’altro che poi vai a studiare e ad osservare bene e sono ancora più belli. Io sono pazzo dei bambini, questa è una cosa che quest’anno mi manca tantissimo.

Spero di essere stato chiaro

Kevin

Sì, grazie Enrico è veramente bello quello che fai.

Elisabetta

Idee chiare ed affascinanti, dire proviamoci anche noi appena finisce il Covid.

Enrico

Ti piacerebbe fare dei laboratori da noi, vi porto lì. La sorella di Anna Maria è venuta da noi tante volte.

Elisabetta

Io credo di essere già venuta in occasione di un festival legato ai GAS, al consumo creativo

Enrico

Poi le green school vengono tantissimo da noi, fanno i convegni, restano lì con noi ecco, adesso anche ci sono delle scuole di fisioterapisti che utilizzano i nostri materiali anche come materiale didattico per la formazione. Ha una molteplicità di usi questa esperienza.

Ho già visto lavorare con Arianna, Ecco a me piacerebbe se Arianna qualche domenica venisse a far vedere la sua arte al chiostro ai genitori, a fare laboratori sarebbe bellissimo.

Arianna

Quando si potrà, come abbiamo fatto all’asilo, anche i laboratori sulle tecniche antiche come avevamo fatto. A parte che con te all’asilo a Daverio abbiamo fatto dei bellissimi laboratori con i bambini due anni fa.

Enrico

L’anno scorso avevo fatto l’alberone dove entravano. Mentre invece due anni fa abbiamo fatto dei laboratori lungo quasi tutto l’anno con i bimbi, era stato un bel successo quindi i bimbi dell’asilo li conoscevo tutti. Poi c’è qualche insegnante sempre di questa scuola che mi ha chiesto spessissimo di venire a fare formazione, ma poi purtroppo è subentrato il Covid e purtroppo non abbiamo più fatto nulla. Moira, Silvia…. L’unico problema adesso guarda sul chiostro è che è in mano alla Provincia, nel senso che è di proprietà della Provincia che non sta mettendo giù un solo protocollo che sia uno perché anzi meno entriamo meglio è, perché nessuno si prende la responsabilità. Io ho già sanificato all’interno, addirittura dall’azienda dove lavoro adesso ho portato due macchine all’ozono, ho sanificato tutto, anche ho proposto io di redigere il protocollo, di assumermi le responsabilità, ma vanno per le lunghe com’è solita a fare la Provincia tranne quando c’era Tognola, il signore con la barba bianca, quando c’era lui le cose andavano, è vero; invece con le altre amministrazioni è difficile lo scambio, l’aiuto, nel senso ok ci dai il posto e te lo valorizzo, perché ti porto dentro tre quattromila persone all’anno; faccio conoscere il chiostro. Dammi una mano, nel senso di non mettermi i bastoni fra le ruote. Anche perché quest’anno quattro educatrici a casa, qualcuna ha trovato lavoro in qualche scuola, la pedagogista che lavora con noi non collabora più con noi, tutte cose che poi dal punto di vista economico incidono tantissimo.

Alberto volevi dire qualcosa?

Alberto

La tua esposizione è stata interessantissima. Io ho notato due aspetti, da una parte c’è l’aspetto che hai messo molto bene in evidenza di cura, ovviamente al livello in cui un laboratorio può esserlo, ma questo però diciamo è una caratteristica sicuramente dell’arte, perché c’è un linguaggio che non è quello verbale, quindi un soggetto sia esso un bambino, o un adulto che ha difficoltà a esprimere i propri problemi e a relazionarsi con il linguaggio verbale, con questo tipo di linguaggio che è un altro linguaggio trova i canali per farlo. Per farvi capire meglio vi faccio un esempio: mia madre è un’artista; negli anni ‘60 sapete che gli ospedali psichiatrici hanno cominciato a studiare la possibilità di superare l’istituto manicomiale, poi c’è stato Basaglia che è stato il padre della legge riformatrice. A Varese c’era il professor Balduzzi che dirigeva l’ospedale psichiatrico di Varese, ne avevo già parlato anche con Annamaria nell’occasione dei nostri incontri (perché adesso lei lavora lì, lì non c’è più l’ospedale psichiatrico ma c’è una parte dell’ospedale, ci sono i laboratori di ricerca dell’anatomia patologica e quindi era molto curiosa di questa esperienza che aveva avuto mia madre nei luoghi dove adesso lei lavora in altro senso) comunque l’idea di Balduzzi era di fare i laboratori di pittura per questi malati e infatti si cominciò quest’esperienza con mia madre ed ebbe un successo incredibile, perché anche i malati più gravi che non riuscivano a esprimersi in altro modo, che non riuscivano a esprimere né concetti né la loro affettività, invece nel laboratorio artistico riuscivano a farlo con il dipinto con il disegno cioè esprimevano nel racconto grafico che facevano le loro angosce, le loro problematiche; quindi parliamo naturalmente in questo caso di un livello estremo di malattia mentale, che però attraverso questo strumento riesce a esprimersi; ecco perché quando tu parli dei tuoi laboratori, parli di questo aspetto curativo che hai messo bene in evidenza, che poi diventa anche la possibilità di esprimersi sia dei bambini che degli adulti, ho colto questo aspetto importante.

Dall’altra parte, in questi elaborati che tu ci hai fatto vedere ci sono degli elementi artistici chiarissimi, cioè in alcuni punti in alcuni momenti queste costruzioni raggiungono un livello artistico; cosa vuol dire raggiungere un livello artistico, cioè non considerano più soltanto l’aspetto espressivo, curativo come dicevamo prima, ma vanno già in un ambito un pochino diverso che è quello estetico, cioè sono anche se vuoi una esercitazione per la bellezza, per la scoperta della bellezza , ed è una strada anche quella molto formativa, nel senso che se tu prendi una persona adulta, che potrebbe essere il papà di un bambino che viene lì, lo metti di fronte a un foglio di carta bianca, così probabilmente lui non riuscirà a esprimersi, ma se tu gli fai fare un percorso laboratoriale all’interno del quale lui ha una relazione con suo figlio sicuramente lui troverà la forma di esprimersi e troverà in sé qualcosa di artistico che probabilmente non ha mai sospettato di avere, quindi anche in questo aspetto li trovo molto formativi.

Enrico

È esattamente così nel senso che tu hai detto una cosa giusta, il mio maestro Mao Fusina che è un Atelierista fenomenale, quando mi ha preso quando abbiamo fatto il master con lui diceva una cosa sempre tutte le volte cioè “costruire il bello per educare al bello, se trovano il bello faranno il bello”, lui ci diceva sempre questa roba quindi la cura non maniacale, una cura attenta degli spazi e del setting per me è fondamentale, perché non ho mai visto anche il bimbo più distruttivo, una persona che invece è più resistente, alla fine fa delle cose molto belle, il ritorno è sempre ottimo, fanno delle cose molto belle che arrivano all’artistico, assolutamente sì. Poi li sollecito in tante maniere e quindi sì è quello: educare al bello è uno dei principi fondamentali della scuola reggiana, cioè la cura proprio del processo allestitivo in maniera tale che trovino una sorta di bellezza che quasi non vogliono rovinare ma anzi partecipano alla costruzione.

Noi abbiamo un laboratorio che è “la città infinita” e significa che lasciamo in uno spazio dei materiali, dei legni bellissimi, dove di volta in volta le persone costruiscono una città, è una città meravigliosa. Oggi ci sei tu che vieni ma la lasci lì, domani viene Isa metterà il suo pezzo e lo lascia lì, dopo domani viene Arianna mette il suo pezzo e lo lascia lì. Non c’è nessuno che arriva cercando di rovinare quello che ha fatto quello precedente, ma lo migliora, lo completa, trova qualcosa di complementare, trova qualcosa di bello e vuole renderlo ancora più bello, quindi hai preso esattamente, questo è uno dei principi fondamentali.

Kevin

Il senso di comunità.

Enrico

Il senso di comunità. Se tu vedi gli intrecci che ci sono; all’inizio anche tu hai visto una installazione creata da me con i bambini con cimose elastiche che sono andati poi al di là di quello che io mi aspettavo, ma è questo l’osservazione dinamica, sono legami, sono intrecci, sono congiunzioni fra me e te e il prossimo, sono state proposte tantissimo anche in team building aziendali al Banco Popolare di Milano (BPM) sono stati fatti dei laboratori così e sono stati fantastici.

Quindi è proprio questa congiunzione, questo senso anche di comunità che è una delle cose fondamentali. In questi spazi la prima cosa è stare bene, si deve stare bene, un’ora due ore tre ore devi stare bene devi sentirti bene, noi mettiamo anche musica di sottofondo, in tutti i laboratori c’è musica di sottofondo e vediamo anche quando della musica può disturbare, perché ci rendiamo conto, perché noi siamo continuamente all’osservazione, allora abbassiamo o cambiamo o la togliamo, però la musica di sottofondo c’è, quindi tu entri già in un ambiente molto pronto. Non è una ludoteca, è per quello che i genitori poi continuano a tornare, perché arrivano e dicono: “caspita una così non sapevo neanche che esistesse” e invece c’è è al chiostro di Voltorre e poi l’ambiente al chiostro è bellissimo, non so se lo avete visto, quindi è questa struttura fantastica che ha degli spazi bellissimi. Poi non soltanto questo, se una scuola volveva fermarsi anche tutta la giornata, proponevamo anche una passeggiata, avevamo anche un educatrice ambientale che li portava dal chiostro, attraverso la ciclabile, al lago, spiegando i tipi di piante, tutta una serie di uccelli che ci sono, il lago, tutta una serie di cose che poi diventavano interessantissime; io ero il matto Remida che stava nella struttura, mentre invece c’era questa ragazza fantastica che li portava sul lago inventando storie bellissime, poi cosa succedeva, prendevano del materiale durante la loro passeggiata, che erano sassi che erano fiori, erba, erano rami, si tornava e si proponevano dei laboratori non più con materiali artificiosi come i materiali di scarto ma con dei materiali naturali.

Noi siamo sempre stati visti male dalla scuola steineriana, perché usiamo la plastica. Invece a me usare i materiali naturali, dicevo sempre loro, non mi dispiace anzi mi piace tantissimo integrare il materiale naturale con il materiale di scarto; questa è una cosa nuova, questo non lo fa neanche Reggio Children. Poi Reggio Emilia si è un po’ arrampicata su una vetta dicendo “siamo i Reggiani” e quindi non li usa. A me piace usare un po’ di tutto, non vedo perché se le soluzioni le trovi divergenti, io le trovo le soluzioni divergenti, mi piace fare quella roba lì, usare anche materiali naturali e riproporli all’interno dei laboratori. Ma gli stimoli, gli spunti ce li danno sempre i bambini. Bisogna essere bambini, stare con loro, ma ve lo farò provare, se volete veramente ve lo farò provare a fare dei laboratori.

Kevin

Enrico a me piace un sacco l’idea che sia veramente una sorta d’isola che non c’è, dove anche gli adulti tornano bimbi, anche perché io ho un’età diversa chiaramente rispetto magari a te, rispetto a un genitore, eppure sento di aver perso quella creatività e quella fantasia che invece in un luogo così mi sembra, e lo stai dimostrando, c’è e bisogna soltanto veramente accenderla con un bottone, quindi non vedo l’ora di provare questo posto magico.

Enrico

C’è un libro sulle espressioni creative fantastico, fenomenale che è i “Cento linguaggi dei bambini”, non so se Annamaria lo conosce se la sorella gliel’ha proposto, di Malaguzzi che è il fondatore, che dice delle cose fantastiche, un po’ è la nostra bibbia quel libro lì, parla proprio dell’espressività e di tutte le sfaccettature che può avere questa espressività e ha poi dei risvolti fenomenali. Il bello serve proprio alla comunità, questi laboratori, questi Esploratòri io li chiamo più Esploratòrio che laboratorio, laboratorio mi sa di cavia a volte, invece l’esploratorio è proprio un qualcosa che io ti metto a disposizione per sperimentare, per esplorare. Fino all’anno scorso collaboravo con due nidi di Milano e mi è capitato a volte di portare dei bambini ai parchi di Milano con delle semplici lenti d’ingrandimento, con delle luci quelle a dinamo da girare con uno zainetto con dentro un libricino per prendere dei finti appunti e venivano fuori dei laboratori, degli Esploratòri nei giardini nei parchi che erano la fine del mondo e che loro non avevano mai provato.

Bisogna soltanto essere aperti, all’inizio magari si è resistenti, una cosa che faccio spessissimo e l’ho fatto anche con dirigenti e qui ero imbarazzato a chiederlo soprattutto a dirigenti donne di togliersi le scarpe, noi abbiamo delle moquette in quel caso lì con sotto i materassini, a volte fanno fatica a togliersi le scarpe, se cominciano a togliersi le scarpe comincio a intaccare la resistenza da lì, lo faccio apposta per cercare di condurli poi dove voglio e che loro possano esprimersi al massimo o a quello che riescono, non c’è un prodotto finale e non c’è una valutazione.

Isa tutto bene, ti vedo…?

Isa

E come mi vedi? Ecco mi vedi sicuramente molto commossa al punto di avervi dovuto lasciare poco fa per qualche secondo, mi vedi soddisfatta per tutto quello che ci stai presentando e che per me risulta un mondo nuovo, mi vedi molto attenta, molto curiosa e ti spiego.

Il tuo lavoro ha tante sfaccettature Enrico e questo è un grande pregio specialmente quando lo si vuole abbinare ad un programma amministrativo. La tua è una passione che coinvolge sicuramente educazione didattica, natura ma anche cultura, arte, socializzazione e sociale, è un lavoro specialmente interessante d’approfondire con i bambini ma anche, come ci stai raccontando, con persone con disabilità varie.

Mi sono commossa perché hai un modo di raccontarti particolare e come figlia ma anche come mamma mi sono ritrovata, e tanto, nei diversi passaggi della tua esposizione.

Io sono figlia unica di un papà che ha sofferto per anni il morbo di Parkinson e di una mamma che ad un certo punto della sua esistenza il destino ha voluto non la vedessi più come madre e che imparassi a vederla come se fosse mia figlia, perché mia mamma soffriva di Alzheimer, perciò per me risulta più che interessante tutto questo valido mondo di possibilità, dignità e speranze che offre la bellezza del tuo lavoro e che ad essere sincera io non conoscevo.

Enrico

Quindi mi capisci, quello è stato un momento molto difficile ma è servito a me, mi ha fatto soffrire tanto ma è servito a me, è servito a farmi tirare fuori quello che avevo bisogno di tirare fuori, quindi fare il laboratorio con questi ragazzi, io li ho sempre chiamati i miei ragazzi, poi erano persone molto più anziane di me però erano delle persone straordinarie e alcuni non parlavano, alcuni volevano ballare, ma trovavano quelle espressività all’interno del laboratorio e sono stati tre anni bellissimi.

Isa

Certo che ti capisco e concordo pienamente riguardo al bello di lavorare con questi pazienti, ma anche con i parenti, con i familiari, i nostri cari ammalati con cui dobbiamo poi imparare a camminare insieme; perciò il tuo è un lavoro utile ed interessante per la comunità, per il paese, perché con professionalità riuscite ad interagire e non solo con i bimbi ma proprio con tutte le persone di tutte le fasce di età e caratteristiche.

Guarda ti racconto una cosa, io sono madre di un ragazzo speciale, il mio “bimbo” ha 31 anni, frequenta un centro per persone con disabilità, la sua disabilità risulta essere assai grave dal punto di vista mentale e un giorno una educatrice mi ha detto che lo aveva inserito in un laboratorio di pittura, io lì per lì sono rimasta letteralmente muta perché conoscendo i limiti di mio figlio sinceramente non riuscivo a vederlo concentrato ed attento davanti ad un tavolo per dipingere.

Poi è passato il tempo e devo dirti che sono una madre orgogliosa che esibisce nel salone di casa il bellissimo quadro fatto da mio figlio, naturalmente guidato con professionalità e dedizione da questa educatrice splendida che si chiama Alice; pensa che sono riusciti persino a fare una mostra a Varese.

Con questo ho voluto dirti che concordo pienamente con tutto questo tuo mondo Remida e il coinvolgimento anche delle persone disabili di tutte le età.

Kevin

Molto bello il quadro

Isa

Grazie Kevin.

Un’ultima cosa e poi chiudo. Intanto che tu raccontavi la tua esperienza lavorativa a me veniva in mente un laboratorio che ai tempi della passata amministrazione di Alberto è stato realizzato a Daverio, proprio con delle persone anziane, ma con quel gruppo di anziani come tua mamma, come i miei genitori. Allora queste persone insieme a delle volontarie guidate dalla esperienza di Giovanna si trovavano settimanalmente nel salone della biblioteca, per accompagnarsi, per socializzare, per raccontarsi; alcuni persino immersi nel proprio silenzio, ma ti dico che venivano fuori dei pomeriggi emozionanti, bellissimi e carichi di positività che poi avevano un ritorno anche sulle famiglie da diversi punti di vista, perciò magari se un giorno a Daverio potessimo recuperare quella iniziativa ed in caso ci fosse questa possibilità, sono certa che qualche volta il tuo intervento Remida sarebbe spettacolare.

Enrico

Assolutamente sì, ma guarda io lavoro spesso con disabili anche molto gravi e anche con disabilità motorie molto gravi e non soltanto psichiche, io ho avuto una nipotina con grossissime disabilità e lavorare con loro è ancora più particolare, cioè il ritorno che hai è ancora più emozionante; chiaramente io sono una persona abbastanza emotiva e chiaramente fai i conti all’inizio con una sorta di forte impatto emozionale, però nel momento in cui riesci a entrare in sinergia allora diventa una roba… è una pecca mia per esempio dicevo all’inizio ho rinunciato a lavorare con i bambini leucemici, perché ne ho perso qualcuno e soprattutto una perdita non l’ho gestita affatto bene, cioè mi è proprio rimasto dentro, è una mia pecca questa, è un mio difetto, poi ci tornerò magari perché l’associazione del Ponte del sorriso mi chiede spesso di fare ancora laboratori.

Il problema è che, Isa, ti affezioni tanto e quindi io anche ai miei ragazzi Alzheimer mi sono affezionato, ci siamo sentiti ancora durante quest’anno con le badanti o con i parenti di qualcuno di questi signori, però ti affezioni tanto e anche loro si affezionano, è una roba pazzesca, se andassi allo stadio direi “vale il prezzo del biglietto quello che succede fra te e loro” assolutissimamente.

Spero di tornare presto, perché non ce la faccio più a non fare il mio lavoro.

Con l’Alzheimer abbiamo lavorato con loro perché ho provato cosa significa, e quella rabbia che hai dentro non va bene. Però è una cosa su cui ho lavorato su me stesso e quindi è stata proposta anche a loro ecco ed c’è stato anche lì buon ritorno, cioè veniva fuori tutta quella roba che tu puoi sapere cosa è, io ho vissuto per tanto con il rimorso anche perché in certi momenti io mia madre l’avrei stritolata, ma perché mi mancava, avevo una mancanza estrema di lei. Scusateci abbiamo fatto una digressione.

Niente, se non ci sono altre domande, cosa faccio Alberto è troppo tardi?

Alberto

No, tu volevi dire ancora qualcosa no?

Enrico

Se volevate, ma io questo poi lo posso far vedere anche più avanti, delle idee che ho proprio sugli spazi all’aperto.

Alberto

Allora facciamo una cosa, per me va benissimo non so gli altri se sono disponibili ad andare avanti

Enrico

Vabbè ma io capisco che sono già le 22:30, non sono abituato tramite Pc, poi quando mi prendono i miei discorsi…

Alberto

Arianna se tu vorrai partecipare, se c’è qualche tema che ti può interessare e più o meno mi pare di aver capito quali sono gli argomenti che ti possono interessare piacerebbe anche a noi sapere un po’ la tua esperienza, come ci piacerebbe sapere anche l’esperienza di Massimo, cioè sono esperienze all’interno del paese che sono importanti.

Anni fa c’è stata la discussione “non si mangia con la cultura, non si vive con la cultura”, invece si vive con la cultura e quindi se nel paese abbiamo delle esperienze è bene conoscerle, è bene condividerle. Quindi ben volentieri se avete voglia Arianna e Massimo di fare una serata un po’ come questa. Sicuramente le esperienze sono diverse, poi oltretutto la moglie di Massimo è una restauratrice, anche lei ha fatto dei restauri qui a Daverio, quindi già in passato avevamo parlato magari di fare delle serate dove lei presentava i restauri su alcune tele, poi tempo ne abbiamo, possiamo decidere se farlo se non farlo, quando farlo, dimmi pure Massimo.

Massimo

Guarda dovrei proprio chiederlo a lei, il restauro è partito da lei ma poi è andato avanti con lo studio Lotti, per cui dovrò sentire lei cosa ne dice.

Io lavoro al contrario di Enrico molto in solitaria, per cui lui fa un lavoro molto molto interessante, avendo a che fare coi bambini che sono un mondo che ti dà tanto, mentre io lavoro da solo, a volte ho dei ragazzi che vengono lì in studio, ci si trova anche bene però la maggior parte del mio tempo è in solitaria, lavoro così, faccio scultura, non ho tanto da raccontare

Enrico

Ma sai Massimo anche io faccio quadri, faccio tele, ho fatto mostre e i bambini mi danno tanto anche quando sono in solitario.

Massimo

Diciamo che io mi esprimo molto nel mio lavoro ecco, più che con le parole, poi giustamente si parla anche, anche se sono un tipo di poche parole, io preferisco ascoltare. Assimilo e poi probabilmente lo butto fuori nella materia, ecco più che nelle parole questo è il mio veicolo, però questa sera è stata una serata molto molto interessante. Alberto mi ha chiesto se partecipavo, quindi volentieri, è stata veramente ricca per cui ad ascoltare si impara.

Alberto

Quando Massimo dice ad ascoltare si impara vuol dire che sono due gli elementi: imparare ma anche ascoltare, cioè ascoltare gli altri e imparare.

Arianna volevi dire ancora qualcosa?

Arianna

Io mi occupo di restauro di dipinti murali prevalentemente poi anche qualche tela. Ho restaurato anche la chiesina di Dobbiate tanti anni fa, lavoravo per Mauro Nicora, ho lavorato a Bodio e cose qua in zona.

Se c’è qualche argomento che vi interessa approfondire potete chiedermi e vediamo. Enrico è una persona molto preparata nel suo lavoro e secondo me è anche un bravissimo comunicatore in generale perché è proprio bravo con i bambini, è bravo con gli adulti e io sono un po’ più come Massimo, sono un po’ più di poche parole e sono un po’ più pratica diciamo, ma se c’è qualcosa che vi interessa approfondire, volentieri, caso mai se ne parla; anche io come Enrico, oltre che una cittadina sono anche una mamma, quindi magari ho vissuto il paese non solo come lavoratrice diciamo ma anche come mamma di bambini, quindi ci confrontavamo anche noi su delle cose che pensiamo che possano servire, magari che si possano proporre anche per i bimbi. Mi interessava sentire le idee di Enrico su Central Park che mi accennava già e sono curiosa

Alberto

Va bene allora Enrico parlaci di queste tue idee.

Enrico

Quello che mi piacerebbe sono spazi condivisi e dei percorsi, cioè pulire bene un’area e creare tutta una serie di strutture esperienziali non strutturate, non il classico gioco, l’altalena, eccetera, ma creare una serie di percorsi con materiali naturali e artificiali. Poi capisco che ci sono delle difficoltà nel senso che questi materiali come fai a lasciarli lì, ci sarà chi lo va a rovinare e lì sarà poi quella la sfida, riuscire a educare poi l’intera comunità perché sarebbe una cosa che serve non soltanto a Daverio ed ai genitori che vanno a giocare al Central Park con i propri figli, ma anche per chi viene da fuori che sa che esiste a Daverio una cosa del genere e che se la tieni con cura è per tutti. Poi questo è un discorso forse estremamente idealistico e forse abbastanza difficile però ho buttato giù qualche idea su progettazioni o su qualcosa che adesso vi accenno soltanto e vi faccio vedere qualche cosa del “progettone”, poi magari vi faccio avere, appena possiamo, le idee più delineate perché poi mi piacerebbe condividerle con voi e sapere se possiamo migliorarle.

Alberto

Si si benissimo, scusa aggiungo solo una cosa, quando tu parlavi di persone che vengono da fuori, giustissimo, perché il progetto Le piane di cui abbiamo parlato l’altra volta con l’arch. Pasolini, coinvolge una serie di Comuni dal lago di Varese verso il parco del Ticino, Comuni che vogliono fare un progetto insieme sugli spazi naturali, ma anche di condivisione. Quindi questo discorso tuo rientrerebbe perfettamente in quel progetto, e giusto Pasolini parlava del Central Park come luogo che non è solo di Daverio, ma che ha anche relazioni con il resto del territorio.

Enrico

Io ho visto cose di questo genere realizzate a Levico, per esempio, cioè dei percorsi dove la mamma il papà anche i bimbi trovano dei materiali e con quei materiali fanno qualcosa ma che poi lasciano lì; chi viene dopo può utilizzarlo modificarlo, un po’ come vi spiegavo per la città infinita, però utilizzando materiali naturali e tenendo una bella cura. Mi propongo io stesso per tenere la cura poi del posto, cioè non voglio niente, mi piacerebbe proprio creare un qualcosa che per Daverio sarebbe una sorta di bella presentazione, ma anche per chi viene da fuori diventa una attrazione per vedere che cosa abbiamo fatto, non so se rendo l’idea di quello che mi piacerebbe fare lì. Lo spazio del Central Park Trascaina è bellissimo, appena l’ho visto con quel laghetto è fantastico, cioè lì farei anche dei laboratori. Tra l’altro lì avevo fatto delle Naturografie, mi sono inventato questa cosa, cioè avevo preso delle tele di juta, di lino; con le mie nipoti e mia figlia che aveva 2 anni siamo andati lì e le abbiamo lasciate nel laghetto; io passavo ogni settimana a vedere poi dopo 15 giorni poi dopo un mese due mesi: una volta tirate fuori diventavano dei veri dipinti perché conservavano il passaggio dei vari animaletti, dei vari insetti, della rana come della libellula o della foglia. Il risultato erano dei quadri spettacolari. C’è un artista che ho visto a Levico che aveva creato queste cose qui e questo è solo uno degli esempi. Potrebbe essere anche un progetto di una alleanza scuola-comunità quello da realizzare al Central Park.

Come diceva anche Arianna, le esigenze poi sono quelle che sentono i genitori con bambini piccoli, io porto spessissimo Giulia al laghetto perché o andiamo a sentire i rumori o si fa qualcos’altro. Quando era ghiacciato il laghetto abbiamo fatto di quelle cose fantastiche con i rami, non so se Arianna fa le stesse cose…quindi sono tutti spazi che potrebbero essere sfruttati molto meglio di così, un progetto legato a un sistema ludico, educativo, ambientale; cioè una cosa molto molto particolare, poi è chiaro che le idee vengono una dietro l’altra, vanno messe un attimino in ordine, se volete vi faccio vedere alcune immagini di spunti che mi sono venuti, anche di allestimenti che ho fatto io per spazi esterni in alcune ambientazioni, uno per un parco di Milano.

Ecco quello che dico io è la progettazione di un percorso ambientale ludico-educativo e di quello che io intendo come un contesto educativo all’interno dell’ambiente e delle risorse materiali umane, simbolico, utilizzato allo scopo di educare e stimolare l’apprendimento.

  • Questo è un bimbo di una primaria, ad esempio che gioca con i nostri materiali, questo è uno spazio e queste qui erano strutture di allestimento che avevo fatto io per un nido, ma trovare anche strutture così dove ci si possa sedere ad interagire con degli elementi naturali materiali, è fantastico.
  • Cioè Reggio ci ha insegnato che l’ambiente esterno è fenomenale, è fondamentale, cioè educare significa proprio ex-ducere, portare fuori e quindi creare proprio un insieme di giochi apprendimento, non vorrei la classica altalena, non è quello. Che sia un gioco attivo appunto multisensoriale e inserito nel paesaggio, progettare sempre uno spazio dove si sta bene e dove ci sono molto l’uso sensoriale spiccato e molte emozioni.

Come si costruisce questo spazio cioè quello che dico qua:

  • “Attenzione bambini liberi” è una cosa che avevo trovato a Levico ed è fondamentale e bellissimo.

Partendo dall’alleanza appunto scuola comunità territorio, già a Daverio è stato fatto qualcosa dove gli anziani con il coinvolgimento anche di ogni cittadino diventano parte di una comunità educante, cioè uno spazio dove si possa interagire in molti modi. È quel pensiero che i bambini sono esploratori pensanti, artigiani del pensiero che propongo sempre alle insegnanti di fare, quando vogliono modificare i loro spazi interni di un asilo, di un nido, all’interno di una scuola dell’infanzia; quel pensiero deve diventare il nostro pensiero, come se fossimo bambini: cioè come i nostri bambini si pensano in quello spazio lì, come si vivono. Perché il compito nostro è proprio osservare le esperienze dei bambini e poi rilanciarle, cioè amplificarle, creare uno spazio per bambini è quello ma non sarebbe solo per bambini poi diventerebbe anche per adulti.

Che cosa si fa in questo spazio:

  • Qui ci sono immagini suggestive che ripresi quando ci trovammo appunto a Levico, si sperimenta tanto, si gioca in gruppo e si condividono emozioni, quindi sono tutti obiettivi secondo me fenomenali per creare una comunità fantastica.

Quindi giocare in gruppo, sperimentare tanto, dando gli strumenti, dando i mezzi per farlo quindi creando un contesto bello e si condividono emozioni, perché in uno spazio così poi per forza di cose vengono fuori molte emozioni.

Come si usa questo spazio:

Questi due qui sono allestimenti che ho fatto io sempre.

Si usa con calma il tempo a disposizione, perché è un contesto dove ci si ferma per cui lo spazio va sempre allestito con cura e con molta attenzione, va continuamente osservato quello che succede, può essere che si trovino anche dei vandali che rovinano, però se mi distruggi io continuo a ricostruire e vediamo alla fine chi si stanca per primo.

  • E questa che è la creazione di cui parlavo cioè un percorso, questa è solo una bozza appunto, dare valore ed è quello che mi piacerebbe, perché non bisogna scartare a priori i materiali di scarto, perché sono materiali belli e utili anche, dare valore ai materiali di scarto e dare valore ai materiali naturali.

Possono facilitare il gioco, possono arricchire sia l’individuo sia il gruppo, perché all’aperto da parte degli adulti sempre viene dato più spazio ai bambini e in questa maniera il bambino è più libero di sviluppare delle abilità e delle relazioni sociali, quindi fare amicizia, mantenerla, romperla è una cosa che vediamo anche all’interno dei laboratori remidiani, ma all’esterno è ancora più accentuata questa cosa. Quindi il nostro ruolo poi diventa quello di vedere quante possibilità diamo a loro e in uno spazio così bello, in un contesto così bello da arricchire con questi materiali, daremo delle possibilità di scelta molto importanti ai bambini e sarebbe per loro un percorso formativo eccezionale; di questo sono convinto perché ho l’esperienza per dire che si potrebbe creare una cosa del genere e potrebbe venire fuori una bella cosa, poi questa è soltanto una bozza. Potrebbe diventare un centro didattico molto molto importante, adesso lo è anche perché vanno a vedere le rane o quant’altro, ma potrebbe diventare ancora di più.

Non so se ho spiegato un po’ a grosse linee quello che mi piacerebbe, poi non so la fattibilità, Alberto …

Alberto

Io ho capito perfettamente e trovo molto interessante quello che dici. Dunque quel luogo lì, adesso è un po’ abbandonato, io ho cercato di stimolare un po’ la manutenzione, secondo me non è stata fatta apposta la manutenzione, ma quello è un luogo bellissimo che ha una sua filosofia. Vi spiego un po’ come è nato questo spazio. Lì c’è la strada che si chiama viale Ilaria Alpi che non è ancora conclusa, è una strada che già ai tempi di mio padre quando mio padre era Sindaco, parliamo degli anni ’80, si era progettata una strada che collegasse il paese da via Roma con la via Fiume, e un pezzo di strada l’abbiamo realizzato. Ora fare una strada di quel genere lì, non è soltanto fare la strada è anche fare i sottoservizi e anche fare quello che c’è collegato. Lì da parte del privato c’era uno sviluppo edilizio abbastanza importante, che era precedente alla mia amministrazione, noi abbiamo inserito l’Asilo nido. Inserire l’Asilo nido lì vuol dire avere dei vincoli da parte della ASL, cioè praticamente la presenza dell’Asilo nido caratterizza anche la strada, nel senso che in certe ore del giorno, quando l’Asilo nido è in funzione, il rumore deve essere limitato, quindi il traffico quando la strada sarà completata, non so quando mai, il traffico sarà limitato, non potranno andare i mezzi pesanti durante quelle ore e anche il traffico delle auto sarà limitato. Quindi è già un ambiente che ha una sua destinazione urbanistica, è inserito in un ambiente naturale, ha quella presenza dell’Asilo nido quindi di un momento educativo che ne connota la caratteristica anche dal punto di vista urbanistico, c’è una presenza insediativa nuova, quindi si immagina che verranno probabilmente famiglie giovani, io avevo creato anche un piccolo parco ricreativo che c’è lì in funzione, guardando il Nido, sulla destra, dietro.

Poi c’era questa idea del Central Park. Perché nasce lì? Il terreno su cui c’è la passerella: non è un terreno del Comune, è un terreno di privati i quali sono i proprietari di tutta l’area industriale lì, quindi dei capannoni ex Ignis dove c’è il meccanico ci sono altre cose, della struttura Polinelli che è di questi proprietari i quali hanno aderito al progetto che era cofinanziato da Cariplo e quindi abbiamo stabilito una convenzione per un certo numero di anni, adesso non ricordo quanti, ma abbastanza, per cui il tutto è stato realizzato sul loro terreno. Questa opera ha messo in evidenza la caratteristica di quell’area che da un punto di vista naturalistico ha una sua importanza, perché è un area umida con la presenza di un certo tipo di vegetazione soprattutto Ontano nero che è una pianta che vive molto nelle aree umide, le radici hanno bisogno di molta acqua e quindi l’abbiamo valorizzata anche dal punto di vista naturalistico e abbiamo creato quello spazio destinato appunto alla didattica ,quindi alla presenza delle scuole eccetera eccetera. Inoltre abbiamo inserito il laghetto. Che scopo aveva il laghetto?

L’area di Daverio in modo particolare vede la presenza di una rana che si chiama rana di Lataste: è una rana endemica, quindi abbiamo favorito la possibilità della riproduzione di questa rana creando quel laghetto. Poi c’è anche un altro laghetto, che un giorno andremo a vedere, che è in tutt’altra zona: è giù verso la zona del torrente Vajone quindi giù nella vallata verso Casale Litta, dentro in un bosco che era anche quello di un privato che ha stipulato una convenzione con Provincia di Varese.

Quindi abbiamo già messo diciamo le premesse di un percorso naturalistico didattico e questa tua idea è estremamente interessante.

 

Trovo estremamente interessante anche un altro elemento: quando abbiamo progettato il Piano di Governo del Territorio di Daverio e abbiamo normato l’area della ditta Goglio, abbiamo inserito la parte di terreno di proprietà della ditta dove sono insediati alcuni laghetti artificiali e quello che rimane di laghi naturali che c’erano già in precedenza; quell’area lì che è un area un po’ particolare che rimane con queste sue caratteristiche, la Goglio la voleva in qualche modo valorizzare con l’idea per esempio di creare un parcheggio di interscambio per cui si potesse arrivare lì parcheggiare la macchina poi iniziare dei percorsi naturalistici nelle aree di cui parlavo prima, cioè giù verso la vallata, ma anche in questa area della ditta Goglio, che loro vogliono valorizzare dal punto di vista naturalistico, loro stessi hanno proposto, e questo c’è all’interno dei documenti del Piano Di Governo del Territorio, le visite di scolaresche eccetera eccetera.

Questa tua idea potrebbe anche calzare in quell’area lì, quindi nel momento in cui noi fossimo al governo di Daverio nelle prossime amministrative, potrebbe essere una proposta ulteriore.

 

Devo dirti che il Comune ha anche un altro terreno molto importante, anche questo terreno ci viene da una operazione che abbiamo fatto sempre con la Goglio.

Nella vallata di cui parlavo prima e quindi scendendo dal centro storico verso le cascine che più avanti ci sono, quindi la Cascina Spazzacamino dove c’è il Maneggio e la cascina Fontana dove c’è ancora un agriturismo, scendendo lì prima di superare il ponticello che passa sul torrente Vajone, sulla destra ci sono dei campi estesi che costeggiano il torrente e uno di questi di 3.000 mq è di proprietà del Comune. Quindi il Comune ha veramente degli spazi che possono essere utilizzati in vario modo, messi a frutto dal punto di vista naturalistico ma anche dal punto di vista dell’utilizzo, poi quale sarà non lo so. Io adesso vi sto dicendo delle cose per far capire che ci sono dei grossi spazi, delle grosse potenzialità per realizzare un progetto di questo genere, già Central Park lo è, questo sicuramente, ma ce ne sono anche altri su cui in futuro se sarà il caso si potrà ragionare. Quindi trovo interessante quello che tu hai proposto e anche realizzabile.

Enrico

Sì l’ho visto realizzare e lo realizzeremo in una maniera secondo me senza spendere poi, ma rendendolo fruibile in una maniera bella, sono convintissimo di questa cosa qua. So che si potrebbe fare; non sapevo di tutti questi terreni, è un patrimonio notevole, secondo me è importantissimo, io ho visto soprattutto in questo periodo di covid la necessità, e ci sarà una necessità ancora maggiore quando questa cosa finirà, di uscire, di stare in natura, di stare all’esterno, io lo vedo nella mia bambina ma l’ho visto in tantissimi bambini in giro, percepisco tantissimo questa necessità. Bisogna farsi trovare pronti : fare una cosa del genere per me sarebbe soddisfare delle esigenze delle famiglie di Daverio e non solo, ma sarebbe proprio una roba importantissima secondo me, ne sono estremamente convinto. Poi io stesso ho scoperto durante il covid delle passeggiate fantastiche che non conoscevo, io sono a Daverio da 10 anni ma non conoscevo questi boschi bellissimi; poi io e Giulia, mia figlia, raccogliamo materiali, ritorniamo e facciamo delle sculture.

Alberto

Tra l’altro scusami su questa cosa delle passeggiate anni fa come Comune abbiamo realizzato una mappa di percorsi e ce ne sono ancora diverse copie in Comune: sono 8 percorsi e tra l’altro l’aveva fatto proprio quell’ architetto Biondaro che è uno dei promotori del progetto de Le Piane, 8 percorsi che si possono fare anche in mountain bike, tutti mappati ,ci sono anche delle foto del percorso in modo che uno si possa orientare, quindi voglio dire su questo piano ci sono delle premesse estremamente valide che vanno sicuramente riprese recuperate e speriamo di poterlo fare, di arrivare a governare nuovamente, perché già stasera abbiamo delineato tantissime cose bellissime, importantissime, io penso che valga la pena ritornare su questo argomento magari in quell’occasione sentiamo anche Massimo sentiamo anche Arianna se avete voglia.

Un’ultima cosa volevo dire che avevo dimenticato prima, sono andato a recuperare quei depliant a Cazzago Brabbia sulle palafitte di Cazzago e questa è un’altra cosa interessante perché per chi non se lo ricorda, l’abbiamo ricordato qualche altra volta, anche a Daverio c’erano delle palafitte, cioè nella zona così detta Pustenga, che sono quei terreni che collegano Daverio e Galliate scendendo dalla via Garibaldi quei terreni lì che vanno verso ormai purtroppo l’area industriale di Galliate Lombardo, un tempo erano dei terreni straordinari, c’è una foto bellissima di quando erano coltivati a gelso, un panorama straordinario, comunque lì c’erano in antica età del bronzo e anche neolitica delle palafitte: ci sono anche dei reperti che erano stati trovati alla fine dell’800. Comunque su queste palafitte di Cazzago abbiamo fatto una serata e sono molto interessanti; io ho recuperato parecchie copie di questi depliant, magari un giorno faccio un giro del paese ve le metto nelle cassette delle lettere, poi vediamo il modo di farcele girare, insomma ecco va bene quindi io direi che a questo punto data l’ora se non c’è nessun altro che vuol dire qualcosa possiamo anche salutarci se qualcuno vuole ancora fare un saluto o dire qualcosa prego

Luca

Volevo ringraziare Enrico perché anche per me è stata una sorpresa e sono contento di quello che lui ha proposto, perché secondo me saranno dei valori aggiunti sia a livello di persone quindi di comunità, perché progetti del genere arricchiscono le persone e le arricchiranno, e poi anche sul territorio, quindi sono stato proprio contento di sapere quello che lui fa che non conoscevo e gli faccio i complimenti perché sono davvero invidioso che riesca a fare dei lavori del genere con quella voglia che ci mette, lo invidio tanto perché poi reputo che siano delle cose davvero importanti per un paese come il nostro e quindi poi ringrazio anche Arianna che è venuta grazie.

Anna Maria

Per me è stata una esperienza perché sono molto diversa da mia sorella, penso che tu Enrico possa averlo capito, abbiamo due settori di vita completamente diversi e sapevo qualcosa che mi ha raccontato mia sorella ma ho capito concretamente meglio quello di cui ti occupi e mi sembrano davvero delle proposte interessanti e utili per il paese, per la cittadinanza ma anche per far conoscere il paese con l’idea proprio che possa essere segnato come un fiore all’occhiello del paese di Daverio, che possa essere invidiata da altri paesi una realtà del genere, mi sembra una cosa assolutamente positiva quindi grazie della tua presentazione.

Elisabetta

Grazie Enrico molto interessante, ti aspettiamo all’appuntamento per trovarci insieme, sperimentarlo insieme

Kevin

Vero concordo

Enrico

Grazie a tutti

Alberto

Ok allora ci salutiamo a questo punto ciao a tutti buonanotte

Contattaci

Contattaci per qualsiasi domanda o dubbio!